Schizzo geo-storico di
Gallicchio
Gallicchio, piccolo
comune della provincia di Potenza, si trova nella media valle dell’Agri, nella
zona centro meridionale della Basilicata, a circa 82 km dal capoluogo di
provincia. Il paese, che si estende su una dorsale rocciosa, abbracciata da due
fossati che si incrociano ai piedi del vecchio borgo, è a 731 mt sul
livello del mare e conta,
allo stato attuale, una popolazione di 928 abitanti. Il suo territorio,
prevalentemente collinare, ha una superficie di kmq 23,48 e confina a sud con i
Comuni di Roccanova, San Martino d’Agri e San chirico Raparo, a Nord con il
Comune di Guardia Perticara, a est con il Comune di Missanello e a ovest il Comune
di Armento. La SS 598, fondo valle dell’ Agri , sul cui tratto occidentale
s’innesta una diramazione verso Potenza, congiunge il paese con le coste ioniche
del Metapontino, a est, e con l’autostrada SA-RC, ad ovest. Altra stada di
rilevanza è la SS 92 che partendo da Potenza raggiunge Terranova del Pollino,
attraversando il territorio di vari comuni dell’entroterra tra i quali
Gallicchio.
Secondo la
tradizione la nascita dell'attuale paese è
legata alla distruzione di una Gallicchio Vecchia di fondazione
preromana, distrutta forse dai Saraceni (cfr.
Contributo alla
storia di Gallicchio: Gallicchio Vetere
della sezione Un paese da scoprire). La campagna
di scavi archeologici condotta
nei mesi di luglio e settembre 1987 nell'area denominata appunto Gallicchio
Vetere hanno portato alla luce i muri di alcune abitazioni, numerosi
frammenti di tegole, vasi,
pesi da telaio, ceramica acroma e da fuoco,
anfore, frammenti di ceramica apula a figure rosse, piattelli e coppette di
ceramica a vernice nera, databili dalla fine del IV a tutto il III secolo a.C,
che hanno fatto pensare alla presenza di un insediamento indigeno del
popolo dei Lucani, che, come altri
centri abitati delle vallate dell'Agri e del Sinni fra IV e III secolo a.C, si
andava organizzando in strutture abitative di modello greco, stimolato dalla
presenza delle colonie della Magna Grecia, soprattutto di Taranto e Heraclea. A partire
dalla seconda meta del IV secolo, con le prime spedizioni, volute da
Taranto, dei condottieri stranieri e culminate poi nella battaglia di Heraclea
del 280 a.C., l'area della media Val d’Agri inizia a gravitare verso il
mondo greco dell'arco ionico. Anche la circolazione monetale sembra riflettere
tale situazione. In un tesoretto 13 monete
d’argento (databili al 290-280 a.C) rinvenuto a Gallicchio Vetere nel febbraio
del 1968, predominano le emissioni di Taranto e Turi.
A differenza dei grandi abitati fortificati
dell'Agri e del Sinni, come San Brancato, che decadono e scompaiono durante la
conquista della Magna Grecia da parte di Roma,
Gallicchio offre tracce di una persistenza dell'insediamento anche in età romana
almeno fino alla prima metà del I sec. d.C.
Notizie
storicamente certe sull’esistenza dell’attuale borgo si hanno invece dopo
all'anno 1000. Nel 1060 la Bolla di Godano, Arcivescovo di Acerenza, con
la quale vengono concessi al nuovo vescovo di Tricarico, Arnaldo, tutte le
Cappelle, Monasteri e chiese esistenti sul territorio diocesano, annovera tra i
12 monasteri concessi un “Monasterum Gallicclum”, di probabile origine basiliana
come i vicini monasteri di Missanello e di Armento che furono fondati tra il
717 e l'800, quando molti monaci basiliani fuggirono dalla Sicilia per non
sottomettersi agli iconoclasti e si insediarono nella zona centro-meridionale
della Basilicata.
Nel 1123, nella Bolla inviata da Benevento da papa Callisto III al
vescovo di Tricarico, Gallicchio figura non più come monastero ma come semplice
parrocchia, così come nella Bolla di Papa Lucio III del 1183.
Durante il regno di RuggeroII
d’Altavilla (1101-1154), primo re normanno della Sicilia, nel CATALOGUS BARONUM, Gallicchio viene incluso tra i feudi dipendenti nel 1167 dalla Curia
Regis della Contea di Tricarico come infeudato e concesso ad Alessandro,
fratello di Guglielmo signore di Missanello. Il capostipite della famiglia
Messanello, Osmondo
era stato creato, circa un secolo prima, da Roberto il Guiscardo
feudatario di Missanello (da cui prese il nome) col titolo di cavaliere, con la
servitù in caso di necessità di fornire un cavaliere completo di cavallo e uno scudiero.
Nel 1143 il geografo musulmano, Al Edrisi (1100-1165),
autore del "Libro di Ruggero" ovvero "Kitab 'l Ruggeri , una sorta di
enciclopedia geografica del tempo, descrivendo un tracciato che collegava alcuni
pesi della Basilicata scrive: “(…) Da Sant'Arcangelo a Roccanova SEI MIGLIA,
a CENISE (Senise), verso destra DODICI, passando il fiume Agri, da
Sant'Arcangelo al munitissimo Castel Missanello SEI MIGLIA, per GABLICHIO
DUE MIGLIA, per San Martino d'AGRI,SEI MIGLIA (…)”
Oltre a quello di
Alessandro, non si conosce il nome di nessun altro feudatario di
Gallicchio fino al 1400 circa, quando
Giacomo Messanello, succedendo al padre Niccolò, signore di
Missanello, aggiunse al suo dominio le
terre di Gallicchio e di Castiglione. Il figlio di Giacomo, Ruggiero
lasciò quale unica erede Masella che sposò il patrizio napoletano
Antonello Gattola. Alla morte di
Antonello, Masella Messanello si
risposò con Troiano Pappacoda che successe alla moglie nel governo dei
feudi per un breve periodo. Infatti intorno all'inizio del XVI secolo divenne signora di Missanello, Gallicchio e Castiglione Francesca Gattola, figlia di Masella Messanello e Antonello
Gattola, che
andò in sposa a Filippo Coppola, membro di un antica e potente famiglia
napoletana. Da questo matrimonio nacque Decio I Coppola,
che
nel 1530
ottenne la
restituzione dei possedimenti che gli erano stati confiscati
per un' accusa di tradimento, pagando la somma di 800 ducati al colonello
Tamis Balescalon.
La famiglia Coppola segnò la
storia dei feudi di Gallicchio, Missanello e Castiglione per circa un secolo e mezzo.
Nel 1591 Decio II, figlio di Giovan Giacomo I Coppola
(+ 12-9-1572), che era succeduto a Decio I nel 1562, acquistò per la somma di
ottomila ducati castigliani il titolo di Marchese di Missanello cercando
così di risollevare il prestigio della sua famiglia, che dopo essere
stata ricchissima e potentissima nel secolo XV, era caduta in
disgrazia a causa delle compromissioni politiche dei suoi membri. La
scalata nobiliare dei Coppola fu completata dal nipote di Decio II, Don Giovan
Giacomo III
(*1603 + ante
1656)
che era figlio di Giovan Giacomo II (+
8-6-1603)
e che con
diploma del
30-1-1623
ottenne il titolo di
Principe di Gallicchio. Il principe Giovan Giacomo III
fece
costruire
il
Palazzo detto oggi Baronale e spostò
la sua residenza da Missanello a Gallicchio.
I Coppola furono feudatari di Gallicchio
sicuramente fino al 1665 anno in
cui, Andrea Coppola,
3° principe di Gallicchio, 5° marchese di Missanello e signore di Castiglione, esssendo succeduto al fratello
Antonio morto molto
giovane, fece testamento in favore della zia Beatrice Carafa De
Lannoy, principessa di Noia (l'attuale Noepoli),
con l’obbligo per i successori d’inquartare l’arma dei Coppola ( d'azzurro alla
coppa d'oro sostenuta da due leoni)
Nel 1679 Donna Beatrice Carafa, che non fece uso
dei titoli di Marchesa e Principessa, lasciò in eredità i tre feudi al
figlio Giovan Battista Pignatelli, avuto dal terzo marito
Giulio I Pignatelli,
2° Principe di Noia. Per i debiti contratti negli anni precedenti
dai Coppola e non onorati dal Barone Pignatelli, le terre di Gallcchio,
Missanello e Castiglione furono vendute
all'asta nel 1699 e acquistate da Elisabetta
Van den Einden
Piccolomini,
moglie di
Don Carlo Carafa, 3° Principe di Belvedere, 6° Marchese di Anzi,
e dai
figli minori Francesco Maria e Ferdinando Carafa, che le
governarono fino al 1736, quando furono vendute ad un nuovo padrone proveniente
da Monopoli, il Barone Cesare Lentini La
baronia dei Lentini cessò nel 1806 con l'avvento della dominazione Napoleonica e
la promulgazione delle leggi contro la feudalità: nel 1811, in una sentenza
della Commissione feudale, Giuseppe
Lentini, ultimo feudatario di Gallicchio venne definito per la prima volta ex barone
.
Diventato Comune tra il 1807 e il
1808, Gallicchio partecipò ai moti antiborbonici e a quelli risorgimentali.
Conobbe il brigantaggio filoborbonico e, nei decenni successivi all'Unità, la
triste piaga della mancanza di lavoro e dell'emigrazione verso le Americhe e
l’Australia, prima, e verso il Nord Italia, poi. All’emigrazione degli operai si è
aggiunta negli anni quella delle persone istruite, che insieme
al bassissimo tasso di natalità in confronto al tasso medio-alto di mortalità,
ha contribuito negli ultimi decenni a un continuo e inesorabile calo della
popolazione: in meno di trent’anni si è passati 1.130 abitanti del censimento
del 1991 agli attuali 928 abitanti, con un indice di vecchiaia molto alto.
Distribuzione della popolazione di Gallicchio per
età nel 2007
(Per una trattazione più appprofondita delle vicende storiche di
Gallicchio e per l’etimologia del nome rimandiamo alla voce
Storia
della sezione Un paese da scoprire, in preparazione)
Bibiogafia:
Corchia
Rosanna 1990, "Gallicchio (PZ): un insediamento indigeno nell'alta Val
d'Agri. Notizia preliminare" Studi di Antichità 6: 147-149
Robertella P. Tito , Robertella Rocco,1989, Nuove Luci Lucane,
Parte I, Avellino.
Sanchirico Mario,
2009,
Gallicchio. Società e vita politico-amministrativa (dalle origini all'Unità),
Potenza.
Volpe Luigi 2005, Gallicchio in cartolina, Avellino.
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