1. Gallicchio Vetere
Per far luce sull'origine di Gallicchio non si può prescindere dall'indagare il rapporto dell' attuale paese con una Gallicchio
Vetere che sorgeva nella contrada omonima a tre km dall' abitato
moderno
e che secondo la tradizione orale sarebbe stata distrutta dai
Saraceni: i pochi superstiti avrebbero fondato il nuovo borgo dopo essersi rifugiati nelle grotte
scavate nelle parete occidentale del fosso detto "dei
Monaci". Il rinvenimento qua
e là nella zona di Gallicchio Vetere, durante i lavori di aratura
dei campi, di tegole,
frammenti di vasi, monete, aveva suscitato già all'inizio
del secondo scorso l'interesse dell' archeologo Vincenzo
di Cicco che nel 1901 esplorando l'area ne aveva
riscontrato una frequentazione antica. Nel febbraio del 1968 era stato poi rinvenuto, sempre nella stessa zona,
un tesoretto, di 13 monete d’argento di varie zecche della
Magna Grecia
(Metaponto,
Eraclea,
Turi, Cotrone e
Taranto) tra
cui uno statere di Taranto e due frazioni sempre
di Taranto, un didramma e tre frazioni di Turi e tetradrammi di
Terme, databili al 290-280 a..C. (le monete sono
attualmente conservate
nel Museo Nazionale della Siritide)
MONETE DELLA MAGNA GRECIA DEL III SEC. A..C.
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Statere di
Taranto |
Didramma
di Taranto |
Dracma
di Metaponto |
Didramma
di Eraclea |
Didramma
di Crotone |
Nei
mesi di luglio e settembre 1987 nell'ambito
del programma di indagine sui centri fortificati delleValli
dell'Agri e del Sinni, avviato dalla Soprintendenza archeologica
della Basilicata in collaborazione con diversi studiosi ed
Università, è stata
finalmente
eseguita nell'area di
Gallicchio Vetere una prima campagna di scavi che si sono
concentrati sul primo, e più alto, di due ampi pianori articolato in due terrazze.
Lungo il margine occidentale della terrazza inferiore sono stati
trovati i resti di un muro lungo 4,70 metri, realizzato in grossi
ciottoli, allettati con malta di colore bianco, al quale, per un
tratto di 60 cm se ne lega un altro realizzato con la stessa
tecnica. La Dott.ssa Rosanna Corchia dell' Università di Lecce e
i collaboratori Roberto De Gennaro e Alfonso Santoriello
dell' Università di Salerno, che si sono occupati dell'
esplorazione del sito, hanno riscontrato su tutta l'area della
terrazza, tanto in superficie quanto al livello
dell'impostazione dei muri, una presenza omogenea di materiale
ceramico: molti i frammenti di tegole, ceramica acroma,
ceramica da cucina, frammenti di pentole e tegami di un impasto
bruno rossiccio. Significativa la presenza di
sigillata italica, in prevalenza coppe, e di un frammento di
lucerna a volute con beccuccio ogivale. Sulla terrazza
superiore del pianoro, più estesa, è stato rinvenuto un
lungo muro identificato come il muro perimetrale di
un grande edificio, distinto in ambienti quadrangolari, sul
quale si innesta un secondo muro per la lunghezza di 9,20 metri.
In un piccolo ambiente dell'abitazione (m. 3,60 x 1,90)
distinto in due vani è stato osservato un pavimento in coccio
pesto, molto compatto. In superficie, come ai livelli di uso e
di abbandono della struttura, è stato ritrovato in modo omogeneo
diverso materiale: ceramica acroma e da fuoco, pithoi
(grandi giare per immagazzimento di prodotti alimentari) ,
anfore, scarsi frammenti di ceramica apula a figure rosse (fra
le forme prevalenti oinochoe trilobata,
vaso per mescere e versare vino,
e pelike,
vaso da trasporto simile
all'anfora, ma più ampio nella parte inferiore del corpo), numerosi pesi da telaio,
ceramica a vernice nera, in prevalenza piattelli e coppette,
databili dalla fine del IV a tutto il III secolo a.C. e
unguentari riferibili allo stesso periodo.
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Pithos |
Anfora |
Lucerna con beccuccio ogivale a
volute |
Oinochoe a
bocca tribolata |
Pelike |
Pesi da
telaio |
Frammenti di ceramica sigillata italica |
Nella parte centrale
dell'edificio è stato poi rinventuto un quincunx
di Luceria, databile fra il 211 e il 208
a.C.
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Quincunx
di Luceria,
moneta di bronzo del valore di mezzo
asse. |
Secondo la
Dott.ssa Corchia (Gallicchio: un insediamento, 1990) i
dati offerti da questa prima indagine nel territorio di
Gallicchio Vetere attestano la presenza di un insediamento indigeno
lucano che tra il che
IV e III,
sotto lo stimolo e il pungolo delle colonie greche,
soprattutto di Heraclea, si andava organizzando in strutture abitative
di modello greco: fattorie, con ambienti regolari di diversa
destinazione, con attività per la produzione di oggetti
d'uso, come per esempio la tessitura. La ceramica di
produzione Magno Greca e la sua imitazione locale, nonchè le
monete d'argento ritrovate nel 1968 sono la
testimonianza dell'impatto greco sulla comunità di
Gallicchio Vetere.
Nella seconda metà del IV secolo a.C. il fiume Agri, che era allora navigabile, ricopriva un ruolo molto importante
per i collegamenti tra Ionio e Tirreno. In molti centri
della valle dell'Agri e del Sinni circolavano prodotti
vascolari provenienti dal Vallo di Diano come quelli
dell'officina del pittore di Padula Sterpone, altri prodotti
di prestigio arrivavano dall'area di Poseidonia (poi
Paestum) come quelli del pittore
Assteas.
Nel centro di San Brancato, che nel pieno della seconda metà
del IV sec. a.C. viveva
un periodo di particolare benessere economico con adeguato
indice di densità demografica, operava quasi
sicuramente il pittore di Roccanova i cui prodotti ceramici
sono attestati nella stessa necropoli di San Bancrato,
scoperta negli anni ottanta,
e
nei centri circostanti.
Successivamente prodotti di uguale livello cominciarono ad
arrivare dall'area tarantina come vasi di fabbricazione o di
influenza apula.
Gli
archeologi hanno potuto distinguere cronologicamente,
nell'ambito di questi contatti, una prima fase di
gravitazione tirrenica e una seconda di maggiore influenza
"tarantina". Nella prima fase sono tipiche le forme a
vernice nera. I vasi a figure rosse del pittore di Roccanova
o di Assteas rientrano sempre nelle produzioni
campano-lucane della fine della prima metà del IV secolo.
Dal terzo venticinquennio del IV secolo si ebbe
una progressiva e reale influenza del mondo apulo o più
propriamente un'apertura verso il mondo ionico, determinata
certamente dal nuovo assetto politico della regione.
Con le prime spedizioni volute da Taranto dei condottieri
stranieri, culminate poi nella
battaglia di Heraclea
del 280 a.C., l'area della media Val d’Agri iniziò a gravitare verso il
mondo greco dell'arco ionico.
Più tardi,
nel complesso
quadro della
guerra tra Roma,Taranto e i Lucani, si realizzò in pochi decenni la conquista della
Magna Grecia da parte di Roma con una riorganizzazione del
territorio, nel quale mutarono i poli di riferimento
economici, con notevoli conseguenze nell'assetto demografico
precedente sia della campagna sia dei centri abitati. Con la fondazione della colonia romana di
Grumentum,
nella prima metà del III a.C., sembra
che i grandi abitati fortificati dell'Agri del
Sinni, e lo stesso centro di San Brancato, decaddessero e
scomparissero
rapidamente.
Gallicchio
Vetere offre,
invece, tracce
di continuità
di vita
anche
in
età romana. Le principali sono costituite
dall'affinità di tecnica costruttiva e tipo di malta fra i due
tratti di muro messi in luce,
sulla terrazza inferiore del pianoro espolorato durante gli scavi del 1987, e i muri
radiali dell'anfiteatro di Grumentum,
e dalla presenza, solo su questa stessa terrazza, di coppe in
terra sigillata italica. L''anfiteatro di Grumentum fu costruito
come quello di Pompei nel I sec. a. C., probabilmente
intorno alla metà del secolo.
La terra sigillata italica,
una classe di ceramica fine da mensa rivestita da una
vernice rossa brillante,
fu prodotta dalla tarda età repubblicana alla tarda età
imperiale in tutto il mondo romano.
I centri maggiori di produzione furono Arezzo e Pozzuoli,
ma alcune officine operarono anche a Pisa, Siena, Ostia e
Cales.
Solo la presenza di un "sigillo" riferibile
a una determinata officina o le analisi mineralogiche
dell’argilla consentono di attribuire con
esattezza un reperto di questa classe ceramica ad una
determinata area di produzione. La
terra sigillata si sostituì alla vernice nera, come ceramica fine da
mensa, intorno alla metà del I sec. a.C.
A partire
dal II Triumvirato, tutto il mercato fu letteralmente invaso
dalla terra sigillata, che vide il periodo di maggiore
fioritura
tra gli
anni trenta del I sec. a.C. e gli anni trenta del I d.C.
(età augusteo-tiberiana).
In età neroniana la terra sigillata subì un mutamento
interno con una contrazione dei centri di produzione e di
mercato, ma la sua produzione si arrestò solo nel corso
del II secolo d.C.
Non
sappiamo con sicurezza se la terra sigillata rinvenuta
a Gallicchio Vetere fosse di età repubblicana o di età
imperiale (gli
archeologi che hanno eseguito gli scavi non ne hanno
indicato
il periodo di produzione),
ma la sua presenza, insieme a quella dei due tratti di muro
di cui abbiamo detto,
attesta una sopravvivenza del centro come insediamento
romano almeno fino alla seconda metà del I sec. a.C.
Il
prof. Mario Sanchirico, autore di una recente
opera sulla
storia di Gallicchio, ha ipotizzato che l'antico centro
abitato dell'epoca romana fosse ancora in vita nel II d.c.,
basandosi sulla datazione di
una
moneta di bronzo ritrovata
negli anni novanta nella piana di Galliccho Vetere dal Sig.
Domenico Balzano. Secondo il Prof. Sanchirico la
moneta sarebbe dedicata al medico Galeno, che visse a Roma dal 162
al 201 d.C, per la scritta "Galeno" che porta sulla
parte perimetrale e per il
gallo su di essa rappresentato, animale caro ad Esculapio Dio della
medicina.
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Dritto della
moneta rinvenuta da Domenico Balzano a
Gallicchio Vetere |
Rovescio della moneta rinvenuta da Domenico
Balzano a Gallicchio Vetere |
A un esame più attento sembra che in realtà questa moneta possa appartere a
un gruppo di monete di bronzo, raffiguranti
al dritto la testa di Minerva
con
elmo corinzio e al rovescio un gallo stante (che riposa
sulle due zampe) volto verso
destra, con davanti la legenda con l'etnico "CALENO" in
alfabeto latino, che furono coniate dalla città campana di
Cales tra il 268 a.c. e
la seconda guerra punica. Cales era il più importante centro urbano dell'antica
popolazione italica degli
Ausoni e si trovava sulla via Latina, a metà
strada tra le montagne del Sannio e la pianura della
Campania Felix, pochi chilometri a nord di Casilinum
(l'attuale Capua) . Le monete di Cales sono inserite tra
quelle emesse da colonie e alleati di Roma, in una zona che
si incentrava intorno alla Campania antica. Dopo la Seconda
guerra punica, Cales, come la maggior parte dei centri
dell'Italia oramai romana, non coniò più monete proprie e
usò la
monetazione romana, incentrata sul
denario.
Il gruppo di monete con
il tipo di Minerva e il gallo è uno dei due
della monetazione enea di Cales. (l'
altro gruppo di monete di bronzo presenta al
dritto la testa di Apollo, cinta da una
corona d'alloro, per lo più volta a
sinistra, ed al rovescio un
toro androprosopo, cioè un toro con
faccia umana). Sono state individuate tre
serie caratterizzate dal tipo di Minerva al
dritto e da un gallo al rovescio:
dritto |
rovescio |
Minerva a sinistra |
gallo - stella. Davanti
CALENO |
Minerva a sinistra. Davanti
CALENO |
gallo - stella. Davanti
crescente e A |
Minerva a destra |
gallo - stella. Davanti
CALENO |
Purtroppo il dritto
del bronzo rinvenuto a Gallicchio Vetere è
talmente deteriorato da non permettere
di distinguere con chiarezza la testa di
Minerva, ma nel rovescio si può
osservare, senza ombra di dubbio, un gallo stante
con davanti l'etnico CALENO. A quanto sembra, quindi, la
moneta trovata dal Sig. Balzano non solo non è del
II sec. d.c., ma è più antica di almeno
quattro secoli: potrebbe essere dello
stesso periodo del Quincux di Luceria (datato tra
il 211
e il 208 a.C.) rinvenuto durante gli scavi
del 1987.
Resta comunque
valida la contestazione da parte del Prof.
Sanchirico dell' ipotesi avanzata negli anni
'70 dall' allora parroco di Gallicchio e Missanello, Don Antonio Di Leo, di una
distruzione di Gallicchio Vetere ad opera
dell'esercito romano, dopo le vittorie
su Annibale nella pianura di Grumento
(l'ipotesi era stata presentata nel primo
voloume di "Nuove Luci Lucane" di Padre
Tito e Rocco Robertella, la prima
pubblicazione organica sulla storia di
Gallicchio dalle origini ai nostri giorni), perchè, come
abbiamo visto, nella
seconda metà del I sec. a.C. il paese
esisteva ancora.
Ma come attribuire ai
Saraceni,
per seguire la tradizione orale, la devastazione di un centro le cui ultime notizie certe
risalgono ad circa 800 anni
prima delle loro più antiche
scorribande nelle terre di Basilicata?
Bisognerenne trovare delle tracce che
dimostrino l'esistenza di
Gallicchio Vetere almeno fino al IX sec.
d.c. Gli scavi del 1987, in effetti,
sono stati solo un intervento esplorativo
dell'area che, a parere degli stessi
archeologici che li hanno effettuati,
necessita di una più estesa e
attenta ricognizione. É verosimile,
tuttavia, che nel corso dei secoli molto materiale archeologico
sia stato portato via dal sito da privati
cittadini in seguito a ritrovamenti
casuali o programmati. Il Sig.
Balzano, per esempio, ci ha assicurato che
qualche mese dopo il rinvenimento della la moneta
di Cales, un cercatore professionista, munito di metal-detector, aveva trovato un sesterzo romano quasi
nello stesso luogo. Sappiamo, inoltre, con
sicurezza che all'inizio del secolo scorso
venivano recuperati a Gallicchio
Vetere, oltre ai soliti frammenti di tegole
e di vasi, monete d'argento e di
bronzo di varie epoche e piccoli idoli di
terracotta e di bronzo, come riferisce il
succitato Vincenzo Di Cicco nel resoconto dell' esplorazione del
territorio di Gallicchio, pubblicato sulla
rivista
Notizie Storiche di Antichità,
che
riportiamo integralmente:
"GALLICCHIO
— A tre km. dall'abitato, prospiciente al
fiume Agri, si distende la contrada detta «
Gallicchio vetere». È un piano vasto,
leggermente ondulato e naturalmente difeso:
si univa ad altre terre dalla parte chiamata
« Porta di Gallicchio vetere » In questa
località, essendo indifesa, lungo il
ciglione del piano, sorgeva una muraglia, ed
ancora se ne osserva il tracciato del
pietrame che la componeva. Il sito è
aprico, ventilato e domina tutta la valle
del corso inferiore dell' Agri. Per i lavori
a coltura dei cereali, vengono fuori
frammenti di tegole, embrici e vasi: si sono
raccolte monete di argento e di bronzo di
Metaponto, Eraclea, Turio, Cotrone e
Taranto, nonché danari e bronzi
imperiali romani e bizantini.
Molti idoletti si sono rinvenuti
di
terracotta e di bronzo. Mi fu fatto
osservare una piccola statuetta di bronzo,
raffigurante Apollo: è di belle forme ed
espressivo. Le terrecotte sono identiche a
quelle che s' incontrano cosparse sul suolo
dell' antica Metaponto, Eraclea e Siri.
Il sito si prestava per una città di
riguardo. Le tombe giacciono nella
campagna viciniore: si sono rinvenuti vasi
ed altri cimeli analoghi per fattura ed
epoca a quelli di
Serralustrante. In
contrada s. Eramo, non ha guari, venne in
luce una grossa anfora, di bella sagoma e
munita di alte anse a rotella: le figure
sono rosse in campo nero, e gli ornati neri
in campo rosso. Il disegno risente dell'
arcaico, e appartiene al periodo di
transizione tra i vasi attici e quelli
figurati di bello stile. Una tegola,
appartenuta ad una tomba, aveva impresso un
bollo figulino con le lettere a rilievo Y e
KCM e questa fu trovata in contrada
Pozzicelli o Guardature. A cinque klm. da
Gallicchio si trovano i ruderi del castello
medioevale di Castiglione. Nelle
sottostanti balze a picco e nel tortuoso ed
angusto vallone a secco, sonovi delle
grotte: in una avvi un divisorio. In quei
paraggi si rinvengono tombe remotissime, una
delle quali diede una piccola lancia a
cannone appartenuta ad una di bronzo".
Si capisce
bene l' importanza di un simile
documento
per la storia di Gallicchio Vetetre.
Di Cicco parla chiaramente del rinvenimento,
oltre che di danari e
bronzi imperiali romani, di bronzi
bizantini,
la cui presenza sposta inevitabilmente
la sopravvivenza di Gallicchio Vetere
fino all' epoca bizantina rendendo plausibile
una distruzione del centro da parte dei
Saraceni. Purtroppo non sappiamo dove
si trovino ora queste monete
(sarebbe molto importante poter
scoprire anche se la statuetta di Apollo,
descritto come "
di belle forme ed espressivo",
possa far attualmente parte di
una qualche collezione pubblica o privata)
e di conseguenza non è possibile
verificarne l'esattezza della datazione.
Certo Vincenzo Di Cicco scriveva nel 1901
per una prestigiosa rivista di archeologia,
e presumibilmente aveva tutte le
competenze necessarie per poter riconoscere
delle monete antiche. Purtroppo però, come avverte il curatore
degli "Aggiornamenti e correzioni del
Repertorio dei ritrovamenti di moneta
Altomedievale in Italia (489-1002)" che
registra anche il ritrovamento delle monete
di Gallicchio Vetere citando Di Cicco,
molti autori del passato parlando di "monete
bizantine" facevano riferimento a testi che
intendevano come “bizantine” le emissioni
imperiali orientali del IV e V
secolo d.C..
Questa ultima considerazione ci allontana di
nuovo dall'ipotesi di un nesso tra la
distruzione da parte dei Saraceni della
Gallicchio Vetere e la nascita della
Gallicchio "nuova" e difficilmente si potrà,
anche in futuro, chiarire il reale rapporto
tra questi due centri, oltre che per la
scarsità di reperti archeologici, per la difficoltà di reperire documentazione archivistica
relativa al lungo periodo in cui le nostre terre videro le dominazioni dei
Longombardi,
dei
Bizantini, dei
Normanni e furono
devastate a più riprese dai Saraceni.
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