3. Dai
Messanello ai Coppola
L'ultimo
documento di
epoca normanna in cui viene nominato Gallicchio è la bolla del 19 ottobre 1183 con
la quale il papa Lucio III confermò a Roberto, Vescovo di
Tricarico, i privilegi riconosciuti dai suoi precedessori e vecchi e
nuovi possedimenti. Della giurisdizione di questo vescovo facevano parte anche Armento,
Gallicchio, Missanello con il monastero di Sant'Elia, Castiglione
con il monastero di San Saverio, Turri con il monastero di San Vitale.
Circa 50 anni più tardi,
il 5
ottobre del 1239, Federico
II di Svevia, nel riorganizzare il territorio del suo regno,
impartì alcune disposizioni sulla manutenzione dei castelli a cui dovevano provvedere le
popolazione interessate. Tra i castelli feudali della Basilicata
troviamo il Castrum Ansie (il castello di Anzi), alla manutenzione del
quale dovevano provvedere gli homines (gli abitanti) di:
Ansie (Anzi), Laurenciani (Laurenzana), Corneti (Corleto),
Perticare (Perticara), Biani (forse Viggiano),
Sancti
Juliani de Petra,
Montis Murri (Montemurro),
Calichi (Gallicchio),
Turris (Turri),
Cirilliani (Cirigliano), Sancti Martini (San Martino), Orientis.
L'anno
1266 segnò la fine del Regno Svevo, con la sconfitta di Benevento e la morte
in battaglia di
Manfredi, figlio di Federico II, e l’avvento al potere
Carlo I d'Angiò
che apportò un radicale mutamento nelle modalità di esercizio del potere.
Uno dei problemi pių sentiti da Carlo I era la regolarizzazione della riscossione dei
tributi e per realizzare ciò, istituì dei funzionari specifici, i
"Collectores",
il cui compito era la regolare riscossione dei tributi, con l’obbligo di registrare
tutte le entrate e versare il riscosso nella "Regia Camera". |
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Ruderi del Castello di Anzi |
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Nel Regno, molti erano gli assegnatari di
territorio che, non potendo prestare servizio militare, non
contribuivano alle spese del sovrano: gli
"impotentes"ossia
donne, minori e comunitā monastiche Per far sì che anche questi ultimi
potessero contribuire, Carlo I, creò una tassa a detta
"adhoa"
in
ragione di 12 once e mezzo per ogni 20 once di rendita derivante
dal territorio in loro possesso . Anche i feudatari che fino ad allora erano esonerati
dal contribuire alla formazione dell’esercito, ossia quelli che ricavavano meno di 20 once dal
territorio in loro possesso dovevano corrispondere questo
tributo in ragione
dell’1,66% della rendita. Nell’ambito di un censimento generale dei
beni del Regno, il Sovrano, nel 1269 chiese il "notamentum" di tutte le "terre et loca"
distrutti e disabitati
nonché il "notamentum" di tutti i possessori di beni, tenuti a contribuire alla leva
militare del
Giustizierato di Basilicata .Il risultato di questo censimento generale servì per tassare la popolazione del regno.
Infatti il 22 gennaio 1277, Carlo I impose una tassa , detta
focatica, da fuoco,
nell'accezione di nucleo famigliare che si
riuniva intorno a un fuoco.
Nella "Cedula
taxationis generalis subventionis in Iustiteriatu
Basilicatae" figura che Galluccium
(Gallicchio) era tassato per 42 fuochi e doveva 10
once,
16
tari e 16
grana,
Missanello per 20 fuochi e doveva 5 once e 12 grana; dare un significato reale a questi
proventi fiscali, si consideri che nello stesso anno il salario mensile di un
mietitore era di 10 tarì e quello annuale di un notaio 2 once, 11 tarì e 5 grana. Anche se il fuoco era un espediene fiscale più che un
parametro demografico, molti storici dalla consistenza dei
fuochi hanno calcolato anche l'andamento demografico delle
diverse comunità anche se in modo abbastanza approsimativo. Se
si considera che ogni fuoco era composto da un minimo di quattro
persone e un massimo di sei persone, si deduce che la
popolazione di Gallicchio nel 1277 oscillava tra 168 e 225
persone.
Non
contento dei proventi della Generalis subventio, Carlo I volle
tassare tutte le
Università del Regno
"per
la particolare sovvenzione di un solo anno per le paghe delle
milizie".
A questo scopo chiese il 12 aprile del 1280 l'elenco delle
terre ai singoli giustizierato. Nella lista fatta pervenire dal
Giustiziere di Basilicata al sovrano troviamo 135 terre tra cui
"Marsiconuovo,
Marsicovecchio, S. Martino, Castel Saraceno, S. Arcangelo,
Missanello, Galluccio, Rocca Nova, Aliano inferiore,
Aliano superiore, Guardia, Corneto"
É questa la
prima volta che Gallicchio viene annoverato tra le
Università,
vale a dire gli antichi comuni.
La politica perseguita da Carlo d’Angiò e
la continua richiesta di donativi generarono un malcontento sia
tra i feudatari che nella popolazione. Pietro III d’Aragona, marito di Costanza
figlia di Manfredi, rivendicando il Regno di Sicilia come legittimo erede degli
Svevi, alimentò il malcontento tra i siciliani promettendo
una rinascita della città di Palermo, ormai trascurata dagli
Angioini, i quali avevano spostato la Corte e la Curia Reale a Napoli. In questo clima nel 1282, prendendo spunto
da un’offesa arrecata da un francese ad una nobildonna siciliana,
scoppiò a Palermo una rivolta che prese il nome di Vespri Siciliani.
Come conseguenza della guerra del Vespro, Napoli si staccò dalla
Sicilia e divenne nuova sede della monarchia e delle
istituzioni centrali nel continente con
Carlo II d'Angiò
, che successe a Carlo I nel 1285. Nel
1309 il figlio di Carlo II,
Roberto d'Angiò, venne incoronato da
Clemente V re di
Napoli. Del periodo in cui regnò questo sovrano sono
le
seguenti notizie che riguardano Gallicchio:
-
nelle
Rationes decimarum Apulia, Lucania, Calabria
del 1310, Domenico Ventola annota le decime
corriposte alla Santa sede del clero dell'arcidiocesi
di Acerenza: il clero di Gallicchio corrisponde 24 tarì;
-
nella
Cedula taxationis generalis subventionis imposte et
taxate in Terris e locis Iustiteriatus Basilicatae del 1320
Gallicchio registra un aumento dei fuochi
tassati rispetto al 1277: da 42 a 44;
-
nelle Rationes decimarum del 1324
viene registrato che il clero di Gallicchio contribuisce
alla decime corrisposte alla Santa sede dala diocesi di
Tricarico per 7
tarì e 10 grana. L'Arciprete e i chierici di Gallicchio
percepivano pro canonico 6 tarì e 10 grana.
La morte del sovrano Roberto d’Angiò, sopraggiunta nel 1343,
aprì per il
Regno di Napoli un lungo periodo di crisi
costellato da continue lotte intestine aventi come obiettivo la
successione al trono. Per accaparrarsi l’alleanza dei feudatari,
i pretendenti che si alternarono alla guida della nazione, nel
tentativo di consolidare la loro posizione istituzionale, furono
costretti ad elargire nei confronti dei feudatari continui
benefici e privilegi, provocando l’inevitabile e progressivo
indebolimento del potere centrale ed il conseguente
potenziamento di quello feudale. I piccoli e frammentari
possedimenti assegnati generalmente a militi che si erano
distinti al servizio dei vari regnanti del Meridione a partire
dal periodo normanno-svevo, divennero, nella prima metà del XV
secolo, veri e propri stati feudali, i cui possessori, grazie
anche ad un efficace sistema fondato sulla parentela e
sull’alleanza tra i casati, avevano la capacità di influenzare
in maniera determinante le vicende politiche dell’intero regno. |
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Intorno al 1399, anno in cui
Ladislao
I poté rivendicare militarmente i suoi diritti al
trono sconfiggendo il re
Luigi II,
viene finalmente a galla il nome di un feudatario di
Gallicchio, Giacomo II Messanello,
già Signore di Missanello, Gorgoglione,
Petradacino e Teana,
del quale De Lellis (Famiglie nobili, 1656)
dice :
"Succeduto allo stato paterno
(successe al padre Nicolò Missanello, cfr.
I feudatari di
Gallicchio e Missanello) l'avanzò ancora egli, ad esempio del
padre, aggiungendovi le Terre di Gallicchio e di Castillone
(Castiglione,
n.d.r) della
già detta provincia di Basilicata. Fu altresì cavaliere e
carissimo al re Ladislao; ed essendo debitore ad Antonello suo
fratello della vita militia, in riguardo di quella nell' anno 1399 con
assenso del re Ladislao gli rifiutò la terra di Teana,
acquistata da Nicolò, loro padre comune come dicessimo. Trovasi
questo Giacomo annoverato tra i Baroni , che intervennero nel
Parlamento generale tenuto da re Alfonso primo D'Aragona
dopo la conquista del regno, ove si fè giurare per
successore del re Ferdinando, Duca di Calabria, suo figliolo
bastardo. Tolse per moglie Romandina di Castrocucco,
d'antichi Baroni di Castrocucco e di Albidona, che gli
partòrì per quanto sappiamo, Ruggiero e Giovanna, ammogliata con
Francesco Alterisio, figliuol di Cobutio, dei signori della
Battaglia e di Tortorella."
Stando a
De Lellis (Famiglie nobili, 1656), quindi,
Giacomo II Messanello appoggiò l'ascesa al
potere di
Alfonso d'Aragona che conquistò Napoli, riunificando il
territorio dell'antico stato svevo-normanno. Il 26
gennaio del 1443 Alfonso entrò trionfalmente nella città
campana, seguito da numerosi feudatari della Basilicata. Il
nuovo re, riconosciuto subito dai feudatari, dai vescovi, dalle
comunità monastiche e dalle Università del Regno, venne
leggittimato dal Papa Eugenio IV il 6 luglio dello stesso
anno con il titolo di rex Utriusque Siciliae. Con
l'investitura pontificia di Alfonso I la corona di Napoli passò, con pieno
valore giuridico, alla casa d' Aragona.
Per quanto riguarda il termine
"Baroni" utilizzato da De Lellis, è opportuno
precisare che quello di "barone" non era nel periodo in questione un titolo
nobiliare, ma un sinonimo di grande feudatario. Infatti,
qualche anno più tardi, vennero chiamati con l’epiteto
generico di "baroni" i nobili titolati di prima sfera,
ossia principi, duchi, marchesi e conti, che condussero la famosa
Congiura dei Baroni del 1486 contro
Ferdinando I
d'Aragona, re di Napoli. Si cominciò invece ad usare il termine
"barone" come ben individuato titolo nobiliare solo nei primi
anni del Settecento, secondo un uso che portarono in Italia
i conquistatori austriaci, ed infatti in Italia s’usava con tale
significato solo nel riferirsi a nobiltà tedesca, mentre, per
quanto riguarda quella italiana, a partire dall’Ottocento,
l'appellativo prese un significato totalmente opposto a
quello originario e cioè quello di piccolo feudatario non
titolato.
Ritonando ai "baroni" di
Gallicchio della famiglia Messanello, sempre De
Lellis (Famiglie nobili, 1656) ci dice che: "Ruggiero, secondo di questo nome nella
famiglia, rimase dopo la morte del padre (Giacomo II n.d.r.),
ancora esso Signor di Missanello, di Gallicchio, di
Castellone, ed altre castella de' suoi maggiori e di suo acquiso
fu altresì signore di Ruoti in Basilicata, e si mantenne
con molta reputazione e stima appresso tutti. Si maritò con
Giacoma di Morra, da cui gli nacquero molti figliuoli quali
tutti morirono in giovanile età , sovravivendoli solo Masella,
la quale rimasta erede e Signora di Missanello, di
Gallicchio, e di altri feudi, ma anche di una starza di moia
ducento in Gaudo, nelle pertinenze di Aversa, e di altri
beni burgensatici di non piccola rendita, fu isposata con
Antonello Gattola (...) da' quali nacque Francesca, che rimasta
altresì erede, fu collocata in matrimonio con Filippo Coppola
dell'istessa Piazza di Portanova, figliolo di Francesco, Conte
di Sarno, di Cariati e grande Ammirante del Regno , a cui
portò in dote il già detto stato di Missanello, e da essi
derivarono i Marchesi di Missanello e principi di Gallicchio,
hoggi giorno viventi, e per morte di Antonello, di nuovo si
sposò Masella co' Troiano Pappacoda, da cui par che nascesse
Baldassarre, signore di Lacedonia."
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Arma
dei Gattola: d'azzurro a tre bande d'argento, al capo d'oro al gatto passante di
nero. |
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Stemma dei Pappacoda |
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Questo brano molto importante, anche perchè per la prima volta
emerge il nome della più illustre famiglia feudataria di
Gallicchio, quella dei Coppola, è stato variamente interpretato
dagli storici Gallichiesi. Alcuni hanno pensato che il
primo marito di Masella Messanello, che in una genelalogia del
Libro d'oro della Nobiltà Mediterranea risulta essere la quattordicesima signora di Missanello (seguendo
la linea
dinastica il De Lellis sarebbe, invece, la tredicesima), Antonello Gattola
divenisse con il matrimonio automanticamente signore dei feudi
della moglie. Invece, poichè nel 1289 Carlo II, dopo aver
abrogato quelle disposizioni che escludevano dalla successione
feudale i secondogeniti, aveva ribadito il solo principio
"primogeniture ac masculini sexus prerogativa", Masella, pur essendo di sesso femminile, aveva potuto ereditare i feudi di
famiglia e poteva leggittamente esercitare il potere che gli
derivava dal suo status feudale. Francesca Gattola, figlia di
Masella e di Antonello Gattola, patrizio
napoletano di un'antica famiglia originaria di Gaeta che
nel 1589 fu aggregata al
Seggio di Portanova,
divenne a sua volta erede dei feudi di Missanello,
Gallicchio e Castiglione, ma può darsi che alla morte
della madre i suoi possedimenti fossero
amministrati per un periodo da Troiano Pappacoda,
secondo marito di Masella. Da Lorenzo Giustiniani
(Dizionario Geografico, 1797-1805)
apprendiamo, infatti, che nel 1495 il re Ferdinando
d'Aragona tolse i feudi di Gallicchio e Missanello a
Troiano, che gli si era ribellato , e li affidò a
Baldassarre suo figlio.
Troiano Pappacoda († ca. 1510), che apparteneva a
una nobile famiglia napoletana, era un celebre
condottiero: combatté per Venezia nel 1477, nel 1483 per
il re
Ferdinando I di Napoli
, ma nel 1486 partecipò alla
Congiura dei Baroni e fu bandito; nel 1494 passò al
servizio del Re
Carlo VIII di Francia, che lo investì del feudo e
titolo di Duca di Termoli nel 1495; al ritorno del Re di
Napoli
Federico I, nell'
ottobre 1496, gli furono confiscati tutti i feudi e tutti i beni, compresa
la sua residenza napoletana nel
Seggio di Porto
che fu data a Fabrizio Colonna; dopo il 1496 rimase al
servizio del Re di Francia nel Ducato di Milano e fu,
poi, Governatore di Castelleone dal luglio del 1509.
I beni confiscati a Troiano nel 1496 furono, secondo
altre fonti (Libdro d'Oro della Nobiltà Mediterranea), assegnati alla famiglia di Capua è
non a Baldassarre Pappacoda, anche perchè non è affatto
certo che questi fosse figlio di Troiano. Il padre
di Baldassare Pappacoda († 1520), che fu
consigliere e cavallerizzo maggiore del re Federico I di
Napoli e che comprò
la città
di Lacedonia
per 7.000 ducati il 24 aprile
1501, era infatti Francesco Pappacoda,
patrizio napoletano |
zio di Troiano Pappacoda (era fratello di
Antonio
detto Antonello, padre di Troiano),
che visse facendo il notaio. I fratelli Robetella (Nuove
Luci, 1989)
sulla scorta delle affermazioni di Giustinani (Dizionario
Geografico, 1797-1805) hanno
ipotizzano che i tre feudi fossero governati dai
due Pappacoda
per circa un secolo (1485- 1562): da Troiano fino al 1495 e da Baldassarre fino al 1592. Sembra , invece, più
probabile che intorno alla fine del XV
feudataria delle terre di
Missanello,
Gallicchio e Castiglione fosse
Francesca
Gattola.
Infatti
Giovannantonio Summonte (Historia,
1758-50), parlando di Filippo
Coppola, ci dice che
"(...)
avendo armato una galera si casò con Francesco Gattola,
signora di Missanello e Gallicchio,
per il che diede speranza di suscitare e di eriger la casa
paterna da tanto stato caduta"
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