UN PAESE  

DA SCOPRIRE

DIZIONARIO DIALETTALE DI GALLICCHIO

a cura di Maria Grazia Balzano

 

STORIA

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| CONTRIBUTO ALLA STORIA DI GALLICCHIO (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) | IPOTESI SULL'ORIGINE DEL NOME |

| ELENCO DEI FEUDATARI DI GALLICCHIO E MISSANELLO |

 

    

3. Dai Messanello ai Coppola

 

L'ultimo documento di epoca normanna in cui viene nominato Gallicchio è la bolla del 19 ottobre 1183 con la quale il papa Lucio III  confermò a Roberto, Vescovo di Tricarico, i privilegi riconosciuti  dai suoi precedessori e vecchi e  nuovi possedimenti. Della giurisdizione di questo vescovo facevano parte anche Armento, Gallicchio, Missanello con il monastero di Sant'Elia, Castiglione  con il monastero di San Saverio, Turri con il monastero di San Vitale.

Circa 50 anni più tardi, il 5 ottobre del 1239,  Federico II di Svevia, nel riorganizzare il territorio del suo regno, impartì alcune disposizioni sulla manutenzione dei castelli a cui dovevano provvedere le popolazione interessate. Tra i castelli feudali della Basilicata  troviamo il Castrum Ansie (il castello di Anzi), alla manutenzione del quale dovevano provvedere gli homines (gli abitanti) di: Ansie (Anzi), Laurenciani (Laurenzana), Corneti (Corleto), Perticare (Perticara), Biani (forse Viggiano),  Sancti Juliani de Petra, Montis Murri (Montemurro), Calichi (Gallicchio), Turris (Turri), Cirilliani (Cirigliano), Sancti Martini (San Martino), Orientis.

L'anno 1266 segnò la fine del Regno Svevo, con la sconfitta di Benevento e la morte in battaglia di Manfredi, figlio di Federico II, e l’avvento al potere Carlo I d'Angiò  che apportò un radicale  mutamento nelle modalità di esercizio del potere. Uno dei problemi pių sentiti da Carlo I era la regolarizzazione della riscossione dei tributi e per realizzare ciò, istituì dei funzionari specifici, i "Collectores", il cui compito era la regolare riscossione dei tributi, con l’obbligo di registrare tutte le entrate e versare il riscosso nella "Regia Camera".

Ruderi del Castello di Anzi

Nel Regno, molti erano gli assegnatari di territorio che, non potendo prestare servizio militare, non contribuivano alle spese del sovrano: gli "impotentes"ossia donne, minori e comunitā monastiche Per far sì che anche questi ultimi potessero contribuire, Carlo I,  creò una tassa a detta "adhoa"  in ragione di 12 once e mezzo per ogni 20 once di rendita derivante dal territorio in loro possesso Anche i feudatari  che fino ad allora erano esonerati dal contribuire alla formazione dell’esercito, ossia quelli che ricavavano meno di 20 once dal territorio in loro possesso dovevano corrispondere questo tributo in ragione dell’1,66% della rendita. Nell’ambito di un censimento generale dei beni del Regno, il Sovrano, nel 1269 chiese il "notamentum" di tutte le "terre et loca" distrutti e disabitati nonché il "notamentum" di tutti i possessori di beni, tenuti a contribuire alla leva militare del Giustizierato di Basilicata .Il risultato di questo censimento generale  servì per tassare la popolazione del regno. Infatti il 22 gennaio 1277, Carlo I impose una tassa , detta focatica, da fuoco, nell'accezione di  nucleo famigliare che si riuniva intorno a un fuoco.  

Nella "Cedula taxationis  generalis subventionis in Iustiteriatu Basilicatae"  figura che Galluccium (Gallicchio) era tassato  per 42 fuochi e doveva 10 once, 16 tari e 16 grana,   Missanello per 20 fuochi e doveva  5 once e 12 grana; dare un significato reale a questi proventi fiscali, si consideri che nello stesso anno il salario mensile di un mietitore era di 10 tarì e quello annuale di un notaio 2 once, 11 tarì e 5 grana. Anche se il fuoco era un espediene fiscale più che un  parametro demografico, molti storici dalla consistenza dei fuochi hanno calcolato anche l'andamento demografico delle diverse comunità anche se in modo abbastanza approsimativo. Se si considera che ogni fuoco era composto da un minimo di quattro persone e un massimo di sei persone, si deduce che la popolazione di Gallicchio nel 1277 oscillava tra 168 e 225 persone.

Non contento dei  proventi della Generalis subventio, Carlo I  volle tassare  tutte le Università del Regno  "per la particolare sovvenzione di un solo anno per le  paghe delle milizie". A questo scopo  chiese il 12 aprile del 1280 l'elenco delle terre ai singoli giustizierato. Nella lista fatta pervenire dal Giustiziere di Basilicata al sovrano troviamo 135 terre tra cui "Marsiconuovo, Marsicovecchio, S. Martino, Castel Saraceno, S. Arcangelo, Missanello, Galluccio, Rocca Nova, Aliano inferiore, Aliano superiore, Guardia, Corneto" É questa la  prima volta che Gallicchio viene annoverato tra le Università,  vale a dire gli antichi comuni.

La politica perseguita da Carlo d’Angiò e la continua richiesta di donativi generarono un malcontento sia tra i feudatari che nella popolazione. Pietro III d’Aragona, marito di Costanza figlia di Manfredi, rivendicando il Regno di Sicilia come legittimo erede degli Svevi, alimentò il malcontento tra i siciliani promettendo una rinascita della città di Palermo, ormai trascurata dagli Angioini, i quali avevano spostato la Corte e la Curia Reale a Napoli. In questo clima nel 1282, prendendo spunto da un’offesa arrecata da un francese ad una nobildonna siciliana, scoppiò a Palermo una rivolta che prese il nome di Vespri Siciliani. Come conseguenza della guerra del Vespro, Napoli si staccò dalla Sicilia  e divenne nuova sede della monarchia e delle istituzioni centrali nel continente con Carlo II d'Angiò , che successe a Carlo I nel 1285.  Nel 1309 il figlio di Carlo II, Roberto d'Angiò, venne incoronato da Clemente V re di Napoli. Del  periodo in cui regnò questo sovrano sono le  seguenti notizie che riguardano Gallicchio:

  • nelle Rationes decimarum Apulia, Lucania, Calabria del 1310,  Domenico Ventola annota le decime corriposte alla Santa sede del clero dell'arcidiocesi di Acerenza: il clero di Gallicchio corrisponde 24 tarì;

  • nella Cedula taxationis  generalis subventionis imposte et taxate in Terris e locis  Iustiteriatus Basilicatae del  1320 Gallicchio registra un aumento dei fuochi tassati rispetto al 1277: da 42 a 44;

  • nelle Rationes decimarum del 1324 viene registrato che il clero di Gallicchio contribuisce alla decime corrisposte alla Santa sede dala diocesi di Tricarico per 7 tarì e 10 grana. L'Arciprete e i chierici di Gallicchio percepivano pro canonico 6 tarì e 10 grana.

La morte del sovrano Roberto d’Angiò, sopraggiunta nel 1343, aprì per il Regno di Napoli un lungo periodo di crisi costellato da continue lotte intestine aventi come obiettivo la successione al trono. Per accaparrarsi l’alleanza dei feudatari, i pretendenti che si alternarono alla guida della nazione, nel tentativo di consolidare la loro posizione istituzionale, furono costretti ad elargire nei confronti dei feudatari continui benefici e privilegi, provocando l’inevitabile e progressivo indebolimento del potere centrale ed il conseguente potenziamento di quello feudale. I piccoli e frammentari possedimenti assegnati generalmente a militi che si erano distinti al servizio dei vari regnanti del Meridione a partire dal periodo normanno-svevo, divennero, nella prima metà del XV secolo, veri e propri stati feudali, i cui possessori, grazie anche ad un efficace sistema fondato sulla parentela e sull’alleanza tra i casati, avevano la capacità di influenzare in maniera determinante le vicende politiche dell’intero regno.

Intorno al 1399, anno in cui  Ladislao I  poté rivendicare militarmente i suoi diritti al trono sconfiggendo il re Luigi II, viene finalmente a galla  il nome di un feudatario di Gallicchio, Giacomo II Messanello,  già Signore  di Missanello,  Gorgoglione, Petradacino e Teana,  del quale De Lellis (Famiglie nobili, 1656)  dice  : 

"Succeduto allo stato paterno (successe al padre Nicolò Missanello, cfr. I feudatari di Gallicchio e Missanello) l'avanzò ancora egli, ad esempio del padre, aggiungendovi le Terre di Gallicchio e di Castillone (Castiglione, n.d.r) della già detta provincia  di Basilicata. Fu altresì cavaliere e carissimo al re Ladislao; ed essendo debitore ad Antonello suo fratello della vita militia, in riguardo di quella nell' anno 1399 con assenso del re Ladislao gli rifiutò la terra di Teana, acquistata da Nicolò, loro padre comune come dicessimo. Trovasi questo Giacomo annoverato tra i Baroni , che intervennero nel Parlamento generale tenuto da re Alfonso primo D'Aragona  dopo la conquista del regno, ove si fè giurare  per successore del re Ferdinando, Duca di Calabria, suo figliolo bastardo. Tolse per moglie  Romandina di Castrocucco, d'antichi Baroni di Castrocucco  e di Albidona, che gli partòrì per quanto sappiamo, Ruggiero e Giovanna, ammogliata con Francesco Alterisio, figliuol di Cobutio, dei signori della Battaglia e di Tortorella." 

Stando a De Lellis (Famiglie nobili, 1656), quindi, Giacomo II Messanello appoggiò l'ascesa al potere di  Alfonso d'Aragona che conquistò Napoli, riunificando il territorio dell'antico stato svevo-normanno.  Il 26 gennaio del 1443 Alfonso entrò trionfalmente nella città campana, seguito da numerosi feudatari della Basilicata. Il nuovo re, riconosciuto subito dai feudatari, dai vescovi, dalle comunità monastiche e dalle Università del Regno, venne leggittimato dal  Papa Eugenio IV il 6 luglio dello stesso anno con il titolo di rex Utriusque Siciliae. Con l'investitura pontificia di Alfonso I la corona di Napoli passò, con pieno valore giuridico, alla casa d' Aragona.

Per quanto riguarda il termine "Baroni" utilizzato da  De Lellis, è opportuno precisare  che quello di "barone" non era nel periodo in questione un titolo nobiliare, ma  un sinonimo di grande feudatario. Infatti, qualche anno più tardi, vennero  chiamati con l’epiteto generico di "baroni" i nobili titolati di prima sfera, ossia principi, duchi, marchesi e conti, che condussero la famosa Congiura dei Baroni del 1486 contro Ferdinando I d'Aragona,  re di Napoli. Si cominciò invece ad usare il termine "barone" come ben individuato titolo nobiliare solo nei primi anni del Settecento, secondo un uso che portarono in Italia  i conquistatori austriaci, ed infatti in Italia s’usava con tale significato solo nel riferirsi a nobiltà tedesca, mentre, per quanto riguarda quella italiana, a partire dall’Ottocento, l'appellativo  prese un significato totalmente opposto a quello originario e cioè quello di piccolo feudatario non titolato. 

Ritonando ai  "baroni" di Gallicchio della famiglia Messanello, sempre De Lellis (Famiglie nobili, 1656) ci dice che: "Ruggiero, secondo di questo nome nella famiglia, rimase dopo la morte del padre (Giacomo II n.d.r.), ancora esso Signor di Missanello, di Gallicchio, di Castellone, ed altre castella de' suoi maggiori e di suo acquiso fu altresì  signore di Ruoti in Basilicata, e si mantenne con molta reputazione e stima appresso tutti. Si maritò con Giacoma di Morra, da cui gli nacquero molti figliuoli quali tutti morirono in giovanile età , sovravivendoli solo Masella, la quale rimasta erede  e Signora di Missanello, di Gallicchio, e di altri feudi, ma anche di una starza di moia  ducento in Gaudo, nelle pertinenze di Aversa, e di altri beni burgensatici di non piccola rendita,  fu isposata con Antonello Gattola (...) da' quali nacque Francesca, che rimasta altresì erede, fu collocata in matrimonio con Filippo Coppola dell'istessa Piazza di Portanova, figliolo di Francesco, Conte di Sarno, di Cariati  e grande Ammirante del Regno , a cui portò in dote il già detto stato di Missanello, e da essi derivarono i Marchesi di Missanello e principi di Gallicchio, hoggi giorno viventi, e per morte di Antonello, di nuovo si sposò Masella co' Troiano Pappacoda, da cui par che nascesse Baldassarre, signore di Lacedonia."     

Arma dei Gattola: d'azzurro a tre bande d'argento, al capo d'oro al gatto passante di nero.

Stemma dei Pappacoda

Questo brano molto importante, anche perchè per la prima volta emerge il nome della più illustre famiglia feudataria di Gallicchio, quella dei Coppola, è stato variamente interpretato dagli storici Gallichiesi. Alcuni hanno pensato che  il primo marito di Masella Messanello, che in una genelalogia del Libro d'oro della Nobiltà Mediterranea risulta essere la quattordicesima signora di Missanello (seguendo la linea dinastica il De Lellis sarebbe, invece,  la tredicesima), Antonello Gattola divenisse con il matrimonio automanticamente signore dei feudi della moglie. Invece, poichè  nel 1289 Carlo II, dopo aver abrogato quelle disposizioni che escludevano dalla successione feudale i secondogeniti, aveva  ribadito il solo principio "primogeniture ac masculini sexus prerogativa",  Masella, pur essendo di sesso femminile,  aveva potuto ereditare i feudi di famiglia e poteva leggittamente esercitare il potere che gli derivava dal suo status feudale. Francesca Gattola, figlia di Masella  e di Antonello Gattola,  patrizio napoletano di un'antica famiglia originaria di Gaeta che nel 1589 fu aggregata al Seggio di Portanova,  divenne a sua volta erede dei feudi di Missanello, Gallicchio e Castiglione, ma può darsi che alla morte della madre i suoi possedimenti  fossero amministrati per un periodo da Troiano Pappacoda, secondo marito di Masella. Da Lorenzo Giustiniani (Dizionario Geografico, 1797-1805) apprendiamo, infatti, che nel 1495 il re Ferdinando d'Aragona tolse i feudi di Gallicchio e Missanello a Troiano, che gli si era ribellato , e li affidò a Baldassarre suo figlio. 

Troiano Pappacoda  († ca. 1510), che apparteneva a una nobile famiglia napoletana, era un celebre condottiero: combatté per Venezia nel 1477, nel 1483 per il re Ferdinando I di Napoli ,  ma nel 1486 partecipò alla Congiura dei Baroni e fu bandito; nel 1494 passò al servizio del Re Carlo VIII di Francia, che lo investì del feudo e titolo di Duca di Termoli nel 1495; al ritorno del Re di Napoli Federico I,  nell' ottobre 1496,  gli furono confiscati  tutti i feudi  e  tutti i  beni, compresa la sua residenza napoletana nel Seggio di Porto che fu data a Fabrizio Colonna; dopo il 1496 rimase al servizio del Re di Francia nel Ducato di Milano e fu, poi, Governatore di Castelleone dal  luglio del 1509. I beni confiscati a Troiano nel 1496 furono, secondo altre fonti (Libdro d'Oro della Nobiltà Mediterranea),  assegnati alla famiglia di Capua è non a Baldassarre Pappacoda, anche perchè non è affatto certo che questi fosse figlio di Troiano.  Il padre di  Baldassare Pappacoda  († 1520), che fu consigliere e cavallerizzo maggiore del re Federico I di Napoli e che comprò la città di Lacedonia per 7.000 ducati il 24 aprile 1501, era  infatti Francesco Pappacoda,  patrizio  napoletano

zio di Troiano Pappacoda (era  fratello di Antonio detto Antonello, padre di Troiano), che visse facendo il notaio. I fratelli Robetella (Nuove Luci, 1989) sulla scorta delle affermazioni di Giustinani (Dizionario Geografico, 1797-1805) hanno  ipotizzano che i tre feudi fossero governati dai  due Pappacoda  per circa un secolo (1485- 1562): da Troiano fino al 1495 e da Baldassarre fino al 1592.   Sembra , invece, più probabile che intorno alla fine del XV  feudataria delle terre di Missanello, Gallicchio e Castiglione  fosse Francesca Gattola. Infatti Giovannantonio Summonte (Historia, 1758-50), parlando di Filippo Coppola, ci dice che  "(...) avendo armato una galera si casò con Francesco Gattola, signora di Missanello e Gallicchio, per il che diede speranza  di suscitare e di eriger la casa paterna da tanto stato caduta"