I
ragazzi di una volta si dilettavano nel loro tempo libero in giochi semplici che non richiedevano attrezzature particolari o
costose, ma
impegnavano piuttosto la creatività e la fantasia. Erano giochi di gruppo,
manuali , fortemente socializzanti, e si svolgevano per la
maggior parte all'aria aperta.
Ecco una descrizione dei giochi
maggiormente praticati
quando
i ragazzi gallicchiesi non trascorrevano ancora gran
parte della loro giornata post-scolastica in casa, da soli, a
giocare con la play station, il computer, i video giochi ecc. o a
guardare la televisione.
L'acchiapparello- A 'rrìv'arrìvë
Nel gioco
dell'acchiapparello tutti
i giocatori erano sparsi nello spazio di gioco. Un
giocatore designato con il tiro a sorte doveva
acchiapare, mentre tutti gli altri scappavano. Se
riusciva ad acchiappare un giocatore, prima che questo si
fosse messo in salvo toccando un punto concordato prima
del gioco, cedeva il suo ruolo al giocatore
acchiappato. |
L'arco- L'àrchë
L'arco veniva costruito curvando un pezzo di
legno sottile e flessibile e tendendo uno spago
leganto alle estemità. Per fare le frecce,
invece, venivano adoperate le stecche di
un ombrello non più utilizzabile. Un contenitore
di stoffa aveva la funzione della faretra. |
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L'altalena- A spénżulë
Una volta l'altalena veniva ricavata fissando le due
estermità di una fune ad un ramo ben resistente e
sicuro. Un pezzo di tavola sistemato alla base della
fune costituita una comoda superfice su cui sedersi.
Un'energica spinta, un pizzico di coraggio e si
cominciava a volare. |
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La bilancia- A vulànżë
Due persone,
in posizione eretta, si sistemavano spalle contro spalle, e
con le braccia incrociate tra di loro in modo da poter
esercitare una forza sufficiente per sollevarsi l'un
l'altro. Il gioco consisteva appunto nel riuscire a
sollevarsi vicendevolmente, poggiandosi sulle spalle del
compagno e sollevando in aria le gambe |
Battimuro-
A lu mùrë
Dopo aver scelto una parete ben solida e piena, i
giocatori facevano rimbalzare su di essa la moneta, per
mandarla il più lontano possibile. Vinceva quel
giocatore che riusciva a far fermare la propria moneta
ad un palmo da quella o quelle lanciate dai giocatore
precedenti. La posta in gioco veniva stabilita prima di
iniziare a giocare. Il numero dei giocatori era vario.
Negli anni '70 per questo gioco venivano utilizzati
al posto delle monete anche dei tappi metallici di bottiglia, di cui i ragazzi
facevano raccolta, schiacciati in modo che risultassero
completamente piatti. |
Le bocce- I bbòccë
Un
passatempo molto comune un tempo ed ugualmente diffuso
oggi, quello delle bocce. La differenza con oggi e
l'originalità, consistevano nel fatto che un tempo come
bocce si usavano dei sassi rotondi
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La campana- A cambànë
Per giocare alla campana occorreva un pezzetto di
legno per tracciare lo schema di gioco (che poteva
essere di vari tipi) sul terreno o un gesso, per
disegnarlo sul marciapiede,
e una pietra abbastanza piatta, non troppo
grande e non troppa liscia.
Si
lanciava la pietra in una casella della
campana e la si raggiungeva saltellando con un
piede solo,. Si raccoglieva il sasso Si
raggiungeva la " cima " della campana
(nella campana in figura, per
esempio, il 10 ) sempre con un piede solo, senza
mai perdere l'equilibrio, ci si girava e
si tornava al punto di partenza. Nelle
caselle accoppiate (2 e 3, 5 e 6, 8 e 9)
si doveva entrare contemporaneamente a gambe
divaricate. Vinceva chi terminava il
percorso senza commettere errori. |
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La
carrozza- A carròzzë
Per costruirsi la "carrozza" ci si rivolgeva ad un falegname per procurarsi
delle tavole per realizzare la base e il
manubrio e ad un meccanico per procacciarsi
quattro cuscinetti che venivano montati sulla base. Un
volta realizzatoil veicolo, ci si portava su un
tratto in discesa della strada rotabile
( a vienóvë)
e si metteva in
mostra la propria capacità di saper guidare il mezzo in
velocità..
Si poteva giocare da soli o facendo gare con gli altri. |
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Il cerchio-
U cìerchiië
p'a manìglië
Il
gioco del cerchio era forse quello più diffuso.
Quasi tutti i bambini avevano il loro cerchio.che
era costituito da un tondino di ferro
circolare o da un cerchione di bicicletta. e veniva guidato da un un'asta di metallo
appositamente modellata a forma di U, la cosidetta "manìglië". La bravura
dei bambini consisteva nel saper guidare bene il
loro cerchio, anche ad una certa velocità,
facendo a fara fra di loro.
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Le
cinque pietre- I cìnghë
prètë
Il
gioco delle cinque pietre
è molto antico, pare
fosse già praticato dai greci e
dai romani. Si giocava
adoperando cinque pietruzze di
forma arrotondata.
I giocatori
potevano essere diversi. Si
faceva la conta per definire
l'ordine dei gioco e ogni
giocatore poteva entrare in gara
solo quando il precedente aveva
commesso un errore. Chi aveva
commesso l'errore restava fermo
un giro e ricominciava dalla
posizione interrotta. Vinceva
chi alla fine realizzava più
punti dopo aver eseguito tutte
le posizioni. Il gioco si
sviluppava in diversi passi,
eccone alcuni:
-
si lanciavano i
sassolini su un piano,
se ne prendeva uno e lo si lanciava in
aria. Mentre il sassolino
lanciato era ancora sospeso,
si prendeva da terra un solo
sassolino che veniva
raccolto con una mano
insieme a quello lanciato.Nello
stesso modo si raccoglievano
gli altri tre sassolini
-
si lanciavano i
sassolini su un piano, se ne
prendeva uno le lo si
lanciava in aria:
ad ogni lancio si
raccoglievano
due sassolini alla volta.
-
si lanciavano i
sassolini su un piano, se ne
prendeva uno le lo si
lanciava in aria: al primo lancio si
raccoglievano tre
sassolini e al secondo
lancio uno soltanto.
-
si lanciavano i
sassolini su un piano,
si prendeva un
sassolino in mano e si
tentava di raccogliere in un
colpo solo i quattro
sassolini a terra e il
quinto in aria (senza
lasciarlo cadere a terra).
-
si sistemavano su un
piano quattro sassolini in
forma di piramide (tre
sassolini alla base e uno
sopra), si
lanciava il quinto
in aria e si raccoglieva in
un colpo solo mucchietto di
sassolini in terra e quello
in aria (questo passo
era detto "a mònëchë")
-
si lanciavano i
sassolini su un piano, si
prendeva un sassolino
in mano
si lanciava in aria e
prima che ricadesse si
prendeva un sassolino da
terra, si teneva nel
palmo, si faceva cadere
quello buttato in aria nel
palmo e si lasciava il
primo sassolino raccolto per
terra (questo passo era
detto "u cacafasùlë")
-
si
lanciavano ii sassolini su
un piano, si prendeva un
sassolino in mano e,
lanciandolo in alto, con la
stessa mano si tentava
di far passare, uno alla
volta gli altri sotto
il ponte formato dal dito pollice
e medio dell'altra mano
(il dito indice veniva
sovrapposto al medio), il
ponte si posizionava
una sola volta e non poteva
orientare di nuovo durante
il tentativo. Il tutto
doveva avvenire senza
far cadere a terra il
sassolino lanciato in aria e
senza che ogni sassolino in
terra nel suo percorso
verso il ponte toccasse gli
altri.(questo passo era
detto " u pòndë"). Se si era molto abili
si poteva tentare di far
passare tutti i
sassolini in terra in un
colpo solo sotto il ponte.
-
si
lanciavano ii sassolini su
un piano, si prendeva un
sassolino in mano e,
lanciandolo in alto, con la
stessa mano si tentava
di far passare, uno alla
volta gli altri sotto la V
capovolta, formata dal
dito indice e dal medio dell'altra mano. Le regole
di questo passo, detto "a
cròccë" era uguali a quelle
del precedente.
-
l'ultimo passo
consisteva nel mettere
le cinque pietre
nel
cavo della mano destra, nel
farle saltare con un
colpetto in su in modo
che rivoltando celermente la
mano si potessero far cadere
e fermare sul dorso della
stessa, per poi con un altro
colpetto, raccoglierle di
nuovo nel palmo della mano.
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La fionda- A
cròccë
Per esercitarsi al tiro al bersaglio le armi più
frequentemente impiegate, ma pure preferite dai ragazzi per la facilità con cui
potevano
essere
costruite, erano le fionde, i bersagli invece non sempre
potevano considerarsi legittimi: qualche vetro
di finestra, qualche lampione, alle volte anche
uccellini e gatti facevano le spese della
precisione con la quale cacciatori in erba erano
capaci di colpire la propria preda.
Per costruire la fionda
veniva utilizzato un ramo forcuto di
ulivo adeguatamente modellato sul fuoco. Due
elastici (ricavati dalle camere d'aria delle
ruote delle biciclette o delle automobili) venivano ben legati ai bracci della fionda e ad
un pezzetto di pelle che si ricavava da scarpe
vecchie. |
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La lippa- Màzz'
e pìchë
Per questo gioco
occorrevano una “màzzë",
un paletto di legno lungo una sessantina di
centimetri
e un "pìchë,
un pezzo di legno molto corto e appuntito alle
due estremità.
Quest'ultimo
veniva appoggiato a terra e colpito una prima
volta con la mazza su una delle due estremità.
Quando schizzava in
aria “u pìchë” veniva
nuovamente colpito questa volta con più violenza
per farlo arrivare il più lontano possibile.
Risulatva
vincitore
chi
era riuscito a scaraventarlo alla maggiore
distanza.
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La morra-
A mùrrë
Per giocare alla morra si formavano squadre di due, tre
o quattro persone.
I componenti delle squadre si disponevano uno di fronte
all’altro e i primi due (uno per ogni squadra)
iniziavano il gioco pronunciando un numero dall’uno al
dieci mentre contemporaneamente con le dita di una mano
indicavano un numero.
Quando la somma dei numeri indicati con le dita
corrispondeva al numero pronunciato da uno dei giocatori
veniva assegnato il punto al giocatore che l’aveva
pronunciato.
Se entramnbi i giocatori avevano pronunciato lo stesso
numero il punto era nullo.
Il giocatore che si aggiudicava il punto passava a
giocare con il secondo avversario e così via con il
terzo e con il quarto. Viceversa il giocatore che perdeva il punto passava il
turno al compagno che l’affiancava.
Si aggiudicava la vittoria
la squadra che per prima raggiungeva gli undici o i
sedici punti a seconda degli accordi presi prima di
iniziare.
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l
nascondino-U trendùnë
Praticato ancora
oggi dai ragazzi gallicchiesi nelle strade del
paese, il gioco del nascondino è molto semplice:
si
tira a sorte per stabilire chi dovrà essere il
primo giocatore che dovrà contare e
mentre
lui conta, gli altri giocatori trovanodei luoghi
adatti per nascondersi.
Generalmente, il giocatore deve
appoggiare la testa con gli occhi chiusi ad un
muro (o altra superficie verticale) in un punto
prescelto e contare ad alta voce
fino
a 31
e
quando finisce di contare deve andare a cercare
gli altri e tornare per primo al luogo in cui
contava toccando il muro con la mano e
urlando "fàttë" (catturato) e il nome di
colui o coloro che ha scovato, che vengono
squalificati . Al successivo turno di
gioco, in genere, conterà il primo giocatore
che è stat
ocatturato.Se un giocatore individuato
riesce a toccare con la mano il muro prima del
giocatore che contava, può dichiararsi
"mi salvo", sfuggendo in questo modo alla cattura.
Se a raggiungere la tana è l'ultimo giocatore
rimasto in gioco, può anche dichiarare "salvo
tutti". In questo caso, i giocatori
precedentemente catturati sono liberati e il
giocatore che è stato sotto dovrà contare anche
nel turno di gioco successivo.
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Gioco del "nox".
Per
giocare al "nox", antico gioco di
origine greca,
si utilizzava l' astragalo,
un
osso del
piede della capra o del montone corrispondente al
malleolo delle zampe posteriori. L'osso, che si presenta come un dado a
quattro facce delle quali
due
piatte, una concava ed una convessa, veniva lanciato
su un piano dai
giocatori, che dovevano essere almeno quattro. Ogni faccia
dell'astragalo, che i ragazzi gallicchiesi chiamavano " nox", possedeva
un valore diverso: quelle piatte "comàndë"
(comando) e "fażżolèttë"
(fazzoletto), quella concava "mazzàtë"
(botte) e
quella convessa "càpë-dë-ciùccë"
(testa d'aasino). Il lancio più fortunato era
quello che dava come risultato la faccia del
"comando", che permetteva a chi lo
eseguiva di comandare il gioco e di decidere il
numero delle botte da infliggere agli altri
giocatori. L'uscita del "fazzoletto" designava
chi, armato di un fazzoletto
adeguatamente rinforzato, doveva colpire i
giocatori cui toccava la penitenza sul palmo della mano
aperta. La faccia
"mazzàtë" individuava il giocatore cui toccavano
le botte, mentre quella "càpë-dë-ciùccë"
garantiva l'immunità dalla penitenza , in quanto da chi
ha la testa dura come
l'asino, di solito, non si ricava nulla neanche con le
botte!!
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Palla
avvelenata
Si formanvano 2 squadre,
schierate ciascuna in un campo di circa 20 x 10 metri.
Assegnata a sorte la palla, per effettuare il primo
tiro, il giocatore che ne era in possesso la lanciava
nel campo avverso, allo scopo di colpire uno degli
avversari. Se il tiro andava a segno, cioè colpiva
senza rimbalzo un avversario, questi diveniva
prigioniero e andava a disporsi dietro la linea di
fondo del campo nemico. Se la palla veniva presa al volo
e trattenuta, il giocatore non veniva fatto
prigioniero. La palla veniva rilanciata nell'altro campo
e così di seguito, fino ad eliminazione completa dei
giocatori di una delle due squadre. Anche i prigionieri
partecipavano al gioco,perchè la palla che varcava la
linea di fondo spettava a loro, che avevano il diritto
di tiro sugli avversari, con le conseguenze già
illustrate. I prigionieri potevano essere liberati, se
riuscivano a prendere al volo una palla lanciata da un
proprio compagno di gioco. |
Palla prigioniera
Due squadre con eguale numero di parteciapanti si
dispoevano al di là di due due linee parallele
equidistanti tra di loro cinque metri circa. Un
concorrente, di uno dei due gruppi (a sorte), doveva lanciare la palla oltre la linea
avversaria, badando che non diventasse preda degli
avversari, pena la perdita della propria libertà.
Infatti chi veniva catturato doveva
abbandonare la propria squadra diventando prigioniero in
campo avverso. Si riacquistava la libertà solo dopo essere riusciti a
riconquistare la palla lanciata da un compagno. I lanci
naturalmente si alternavano ed era proclamata
vincitrice la squadra che era riuscita a catturare
tutti gli avversari. |
Il rubabandiera -
U fażżolèttë
I concorrenti di due squadre con eguale numero
di concorrenti più i1 capo gioco. si sistemavano
oltre due linee esterne, numerati e
disposti in ordine progressivo. il capo gioco
provvisto di un fazzoletto prendeva posizione al
centro dello shieramento. Il suo compito era quello di
scandire il numero corrispondente ad una delle
coppie concorrenti (uno per squadra). Il gioco
consisteva nel riuscire a conquistare il
fazzoletto e portarlo
di là della linea della propria
squadra senza farsi toccare dall'avversario pena la perdita del punto. |
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Lo schiaffo del soldato-
U
šcàffë
Un
giocatore si disponeva con le spalle rivolte al gruppo
degli altri giocatori e con una mano bene aperta nella
loro direzione. Quando uno dei partecipanti colpiva la mano,
il giocatore doveva individuare questa
persona e quindi cederle il posto , o in caso negativo
essere riconfermato. |
Lo scarica barile-
U scàrica-varrìlë
Si formavano due
quadre con un uguale numero di concorrenti. I
componenti di una delle due squadre si
disponevano
tutti con la schiena curvata e con la testa
sotto l'ascella del compagno che li precedeva,
tranne il primo della fila che, in posizione
eretta, appoggiato a
un palo, a un albero, o a un muro,
funzionava da sostegno per i compagni stessi.
La squadra così disposta formava una base
di appoggio per gli avversari. Questi uno alla
volta, dopo una buona rincorsa e con un balzo in
avanti, dovevano cercare di sistemarsi tutti
sulle spalle dei malcapitati avversari.
Quando i giocatori erano ben sistemati dovevano
esistere nella posizione per un periodo di
tempo determinato, se qualcuno dei
giocatori che si trovava sopra le spalle degli
avversari perdeva l’equilibrio e cadeva, i
ruoli venivano invertiti.
Naturalmente
le persone piegate cercavano in tutti i modi di
fare scivolare quelle che stavano loro addosso.
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Gioco delle "stacce"
Nel
gioco delle "stacce" si sistemava sul terreno una pietra
a forma
di parallelepipedo, chiamata “zùllë” sulla
sommità della quale venivano poste monete, figurine
ecc,
che erano la posta del gioco. Ogni giocatore
disponeva di una "stàccë", che era un pezzo di mattone o una pietra piatta più o meno levigata per meglio
afferrarla e lanciarla..
Dalla distanza di circa dieci metri i
giocatori lanciavano a turno la propria pietra cercando
di colpire la base del " zùllë" per far cadere ciò
che era sistemato sopra. Ogni concorrente poteva
appropriarsi degli oggetti che cadevano alla
distanza di un palmo dalla propria pietra. Se nessuno
riusciva a vincere perché nella caduta i soldi o le
fifurine erano rimasti più vicini al "zùllë" la
pietra si lanciava nuovamente a turno ripetendo il
gioco. |
Uno monta la luna-
Ùnë së mòndë
I concorrenti con la schiena curvata si
disponevano in fila indiana, a distanza di tre
o quattro metri l'uno dall'altro. L'ultimo della
fila (Capo Gioco) poggiandosi con le mani sulle
spalle del primo giocatore curvato cercava di
scavalcarlo, quindi proseguiva superando il
successivo e così via fino all'ultimo, dopo di
che egli stesso si disponeva nella stessa
posizione degli altri. Quindi si continuava ripartendo dall'ultimo. I
balzi di ciascun giocatore erano accompagnati da
alcune frasi che determinavano le azioni da
eseguire durante i salti (comandi):
1- UNO si monta (salto semplice); 2 - DUE Buoi
(salto semplice) - 3 - TRE la figlia del re
(bisognava fermarsi dove si atterrava, un leggero
spostamento faceva determinava una
penalizzazione) - 4 - QUATTRO Batti le mani
(salto semplice e in volo battere le mani )- 5 -
CINQUE Pugni forti (saltando si colpisce la
schiena a pugni chiusi )- 6 - SEI Piedi
incrociati (si doveva atterrare con i
piedi incrociati), - 7 - SETTE Tiroletta (si
doveva colpire con il tacco chi stava
sotto).Se durante il salto si cascava per terra, si saltava male o non si saltava per niente,
oppure si dimenticava di pronunciare il comando si
tornava subito nella posizione a schiena
curvata.
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Lo scoppietto- U šcubbëttùolë"
Lo "šcubbëttùolë",
una sorta di cerbottana ad aria ompressa, erano un giocattolo creato
con un pezzo di sambuco lungo circa 15 cm.che veniva
vuotato del midollo all'interno della parte legnosa. Con
lo stesso sambuco veniva costruito una specie di
stantuffo che veniva introdotto nella parte vuotata. I
ragazzi preparavano alcune palline di stoppa e saliva,
masticate per un pò di tempo, e introducevano prima
l'una e poi l'altra nello "šcubbëttùolë".
Facendo una violenta pressione con lo stantuffo sulla
prima pallina, quella sottostante veniva espulsa facendo
un certo rumore.
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Il gioco della trottola- U strummëlë
Per questo
gioco si utizzava una trottola dal cui apice partiva un
filo arrotolata su tutta la superficie laterale. Tirando
con
con abilità e violenza veniva impressa una
velocità notevole. Il giocatore doveva saper trasferire
la trottola dalla terra sul palmo della mano senza farne
arrestare il movimento rotatorio e, quando erano
più ragazzi a giocare, doveva mirare, con la sua
trottola, a far arrestare il movimento delle altre. Se
il colpo non riusciva, tirava un altro e così via. |
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