UN PAESE DA SCOPRIRE

MEMORIE

DIZIONARIO DIALETTALE DI GALLICCHIO

a cura di Maria Grazia Balzano

 

I giochi del passato

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LA CASA CONTADINA  IL DERBY NGAP' A TÉRRË- MBÉD' A TÈRRË  LA FERRATURA DEGLI ASINI  I GIOCHI DEL PASSATO

 IL MATRIMONIO NEGLI ANNI '50  LA MIETITURA  LA TREBBIATURA

 

       

I ragazzi di una volta si dilettavano nel loro tempo libero in giochi semplici che non richiedevano attrezzature particolari o costose, ma  impegnavano piuttosto la creatività e la fantasia. Erano giochi di gruppo, manuali , fortemente socializzanti,  e si svolgevano per la maggior parte all'aria aperta.  Ecco una descrizione dei giochi maggiormente  praticati  quando i ragazzi gallicchiesi  non  trascorrevano ancora  gran parte della loro giornata post-scolastica  in casa, da soli, a giocare con la play station, il computer, i video giochi ecc. o a guardare la televisione.

 

L'acchiapparello- A 'rrìv'arrìvë

Nel gioco dell'acchiapparello tutti i giocatori erano sparsi nello spazio di gioco.  Un giocatore designato con il tiro a sorte doveva acchiapare, mentre tutti gli altri scappavano. Se riusciva  ad acchiappare un giocatore, prima che questo si fosse messo in salvo toccando un punto concordato prima del gioco, cedeva  il suo ruolo al giocatore acchiappato.

L'arco- L'àrchë

L'arco veniva costruito curvando un pezzo di legno sottile e flessibile e tendendo uno spago  leganto alle estemità. Per fare le frecce, invece,  venivano adoperate  le stecche di un ombrello non più utilizzabile. Un contenitore di stoffa aveva la funzione della faretra.

 

L'altalena- A spénżulë

Una volta l'altalena veniva ricavata fissando le due estermità di una fune ad un ramo ben resistente e sicuro. Un pezzo di tavola sistemato alla base della fune costituita una comoda superfice su cui sedersi. Un'energica spinta, un pizzico di coraggio e si cominciava a volare.

 

La bilancia- A vulànżë

Due persone, in posizione eretta, si sistemavano spalle contro spalle, e con le braccia incrociate tra di loro in modo da poter esercitare una forza sufficiente per sollevarsi l'un l'altro. Il gioco consisteva appunto nel riuscire a sollevarsi vicendevolmente, poggiandosi sulle spalle del compagno e sollevando in aria le gambe

Battimuro- A lu mùrë

Dopo aver scelto  una parete ben solida e piena,  i giocatori facevano rimbalzare su di essa la moneta, per mandarla  il più lontano possibile. Vinceva quel giocatore che riusciva a far fermare la propria moneta ad un palmo da quella o quelle lanciate dai giocatore precedenti. La posta in gioco veniva stabilita prima di iniziare a giocare. Il numero dei giocatori era vario. Negli anni '70 per questo gioco venivano utilizzati  al posto delle monete anche dei tappi metallici di bottiglia, di cui i ragazzi facevano raccolta, schiacciati in modo che risultassero completamente piatti.

Le bocce- I bbòccë

Un passatempo molto comune un tempo ed ugualmente diffuso oggi, quello delle bocce. La differenza con oggi e l'originalità, consistevano nel fatto che un tempo come bocce si usavano dei sassi rotondi

La campana- A cambànë

Per giocare alla campana  occorreva un pezzetto di legno per tracciare lo schema di gioco (che poteva essere di vari tipi) sul terreno o un gesso, per disegnarlo sul marciapiede, e una pietra abbastanza piatta, non troppo grande e non troppa liscia. Si lanciava  la pietra in una casella della campana e la si raggiungeva saltellando con un piede solo,.  Si raccoglieva il sasso Si  raggiungeva  la " cima " della campana (nella campana in figura, per esempio, il 10 ) sempre con un piede solo, senza mai perdere l'equilibrio, ci si girava  e  si tornava  al punto di partenza. Nelle caselle accoppiate  (2 e 3, 5 e 6, 8 e 9)  si doveva entrare contemporaneamente a gambe divaricate. Vinceva  chi terminava il percorso senza commettere errori.

La carrozza- A carròzzë

 

Per costruirsi la "carrozza" ci si rivolgeva ad un falegname per procurarsi delle tavole per realizzare la base e il manubrio e ad un meccanico per procacciarsi  quattro cuscinetti che venivano montati sulla base. Un volta realizzatoil veicolo, ci si portava su un tratto in discesa  della  strada rotabile ( a vienó)  e si metteva  in mostra la propria capacità di saper guidare il mezzo in velocità.. Si poteva giocare da soli o facendo gare con gli altri.

Il cerchio- U cìerchiië p'a manìglië

Il gioco del cerchio era forse quello più diffuso.  Quasi tutti i bambini avevano il loro cerchio.che era costituito da un tondino di ferro circolare o da un cerchione di bicicletta. e  veniva guidato da un un'asta di metallo appositamente modellata a forma di U, la cosidetta  "manìglië". La bravura dei bambini consisteva nel saper guidare bene il loro cerchio, anche ad una certa velocità, facendo a fara fra di loro.

Le cinque pietre- I cìnghë prètë

 

Il gioco delle cinque pietre è molto antico,  pare fosse già praticato dai greci e dai romani. Si giocava adoperando cinque pietruzze di forma arrotondata. I giocatori potevano essere diversi. Si faceva la conta per definire l'ordine dei gioco e ogni giocatore poteva entrare in gara solo quando il precedente aveva commesso un errore. Chi aveva commesso l'errore restava fermo un giro e ricominciava dalla posizione interrotta. Vinceva chi alla fine realizzava più punti dopo aver eseguito tutte le posizioni. Il gioco si sviluppava in diversi passi, eccone alcuni: 

  • si lanciavano i sassolini  su un piano,  se ne prendeva uno e lo si lanciava in aria. Mentre il sassolino lanciato era ancora sospeso, si prendeva da terra un solo sassolino che veniva raccolto con una mano insieme a quello lanciato.Nello stesso modo si raccoglievano gli altri tre sassolini

  • si lanciavano i sassolini su un piano, se ne prendeva uno le lo si lanciava in aria:  ad ogni lancio si raccoglievano due sassolini alla volta.

  • si lanciavano i sassolini su un piano, se ne prendeva uno le lo si lanciava in aria: al primo lancio si raccoglievano tre sassolini  e al secondo lancio uno soltanto.

  • si lanciavano i sassolini su un piano,  si prendeva  un sassolino in mano e si tentava di raccogliere in un colpo solo i quattro sassolini a terra e  il  quinto in aria (senza lasciarlo cadere a terra).

  • si sistemavano su un piano quattro sassolini in forma di piramide (tre sassolini alla base e uno sopra), si lanciava il quinto  in aria e si raccoglieva in un colpo solo mucchietto di sassolini in terra e quello in aria  (questo passo era detto "a mònëchë")

  • si lanciavano i sassolini su un piano, si prendeva  un sassolino in mano si lanciava in aria  e prima che ricadesse si prendeva un sassolino da terra,  si teneva nel palmo, si faceva cadere quello buttato in aria nel palmo e si  lasciava il primo sassolino raccolto per terra (questo passo era detto "u cacafasùlë")

  • si lanciavano ii sassolini su un piano, si prendeva un sassolino  in mano e, lanciandolo in alto, con la stessa mano si tentava  di far passare, uno alla volta gli altri sotto il ponte formato dal dito  pollice e  medio dell'altra mano (il dito indice  veniva sovrapposto al medio), il ponte si posizionava  una sola volta e non poteva orientare di nuovo durante il tentativo. Il tutto doveva avvenire senza far cadere a terra il sassolino lanciato in aria e senza che ogni sassolino in terra nel suo percorso verso il ponte toccasse gli altri.(questo passo era detto " u pòndë"). Se si era molto abili si poteva tentare di far passare tutti  i sassolini in terra in un colpo solo sotto il ponte.

  • si lanciavano ii sassolini su un piano, si prendeva un sassolino  in mano e, lanciandolo in alto, con la stessa mano si tentava  di far passare, uno alla volta gli altri sotto la V capovolta,  formata dal dito indice e dal  medio dell'altra mano. Le regole di questo passo, detto "a cròccë"   era uguali a quelle del precedente.   

  • l'ultimo passo consisteva nel mettere  le cinque pietre  nel cavo della mano destra, nel farle saltare con un colpetto in su  in modo che rivoltando celermente la mano si potessero far cadere e fermare sul dorso della stessa, per poi con un altro colpetto, raccoglierle di nuovo nel palmo della mano.

La fionda- A cròccë

Per esercitarsi al tiro al bersaglio le armi più frequentemente impiegate, ma pure preferite dai  ragazzi per la facilità con cui  potevano essere costruite, erano le fiondei bersagli invece non sempre potevano considerarsi legittimi: qualche vetro di finestra, qualche lampione, alle volte anche uccellini e gatti facevano  le spese della precisione con la quale cacciatori in erba erano capaci di colpire la propria preda. Per costruire la fionda veniva utilizzato un ramo forcuto di ulivo adeguatamente modellato sul fuoco. Due elastici (ricavati dalle camere d'aria delle ruote delle biciclette o delle automobili) venivano ben legati ai bracci della fionda e ad un pezzetto di pelle che si ricavava da scarpe vecchie.

La  lippa- Màzz' e pìchë

Per questo gioco occorrevano  una “màzzë", un paletto di legno lungo una sessantina di centimetri  e  un "pìchë,  un pezzo di legno molto corto e appuntito alle due estremità. Quest'ultimo  veniva appoggiato a terra e colpito una prima volta con la mazza su una delle due estremità.
Quando schizzava in aria “u  pìchë” veniva nuovamente colpito questa volta con più violenza per farlo arrivare il più lontano possibile. Risulatva
vincitore chi era riuscito a scaraventarlo alla maggiore distanza.

La morra- A mùrrë

 

Per giocare alla morra si formavano squadre di due, tre o quattro persone. I componenti delle squadre si disponevano uno di fronte all’altro e i primi due (uno per ogni squadra) iniziavano il gioco pronunciando un numero dall’uno al dieci mentre contemporaneamente con le dita di una mano indicavano un numero. Quando la somma dei numeri indicati con le dita corrispondeva al numero pronunciato da uno dei giocatori veniva assegnato il punto al giocatore che l’aveva pronunciato. Se entramnbi i giocatori avevano pronunciato lo stesso numero il punto era nullo. Il giocatore che si aggiudicava il punto passava a giocare con il secondo avversario e così via con il terzo e con il quarto. Viceversa il giocatore che perdeva il punto passava il turno al compagno che l’affiancava. Si aggiudicava la vittoria  la squadra che per prima raggiungeva gli undici o i sedici punti a seconda degli accordi presi prima di iniziare.
 

l nascondino-U trendùnë

 

Praticato  ancora oggi dai ragazzi gallicchiesi nelle strade del paese,  il  gioco del nascondino è molto semplice: si tira a sorte per stabilire chi dovrà essere il primo giocatore che dovrà contare e mentre lui conta, gli altri giocatori trovanodei luoghi adatti per nascondersi. Generalmente, il giocatore deve appoggiare la testa con gli occhi chiusi ad un muro (o altra superficie verticale) in un punto prescelto e contare ad alta voce fino a 31  e quando finisce di contare deve andare a cercare gli altri e tornare per primo al luogo in cui contava  toccando il muro con la mano e urlando "fàttë" (catturato) e  il nome di colui o coloro che ha scovato, che vengono squalificati . Al successivo turno di gioco, in genere, conterà il primo giocatore che è stat ocatturato.Se un giocatore individuato riesce a toccare con la mano il muro prima del giocatore che contava, può dichiararsi  "mi salvo", sfuggendo in questo modo alla cattura. Se a raggiungere la tana è l'ultimo giocatore rimasto in gioco, può anche dichiarare "salvo tutti". In questo caso, i giocatori precedentemente catturati sono liberati e il giocatore che è stato sotto dovrà contare anche nel turno di gioco successivo.

Gioco del  "nox".

Per giocare al  "nox", antico gioco di origine greca,  si utilizzava l' astragalo, un osso del piede della capra o del montone corrispondente al malleolo delle zampe posteriori. L'osso,  che si presenta come un dado a quattro facce delle quali due piatte, una concava ed una convessa, veniva lanciato su un piano dai giocatori, che dovevano essere almeno quattro.  Ogni faccia dell'astragalo, che i ragazzi gallicchiesi chiamavano  " nox",   possedeva  un valore diverso: quelle piatte   "comàndë" (comando) e  "fażżolèttë" (fazzoletto), quella concava "mazzàtë" (botte)  e quella convessa "càpë-dë-ciùccë" (testa d'aasino).  Il lancio più  fortunato era quello che dava come risultato la faccia del "comando", che permetteva a chi lo eseguiva di comandare il gioco e di decidere il numero delle botte da infliggere agli altri giocatori. L'uscita del "fazzoletto" designava chi, armato di un fazzoletto adeguatamente rinforzato, doveva colpire  i giocatori cui toccava la penitenza sul palmo della mano aperta.  La faccia "mazzàtë" individuava il giocatore cui toccavano le botte, mentre  quella  "càpë-dë-ciùccë" garantiva l'immunità dalla penitenza , in quanto da chi ha la testa dura come l'asino, di solito, non si ricava nulla neanche con le botte!!

Palla avvelenata

Si formanvano 2 squadre, schierate ciascuna in un campo di circa 20 x 10 metri. Assegnata a sorte la palla, per effettuare il primo tiro, il giocatore che ne era in possesso la lanciava nel campo avverso, allo scopo di colpire uno degli avversari. Se il tiro andava  a segno, cioè colpiva senza rimbalzo un avversario, questi diveniva prigioniero e andava  a disporsi dietro la linea di fondo del campo nemico. Se la palla veniva presa al volo e trattenuta, il giocatore non veniva  fatto prigioniero. La palla veniva rilanciata nell'altro campo e così di seguito, fino ad eliminazione completa dei giocatori di una delle due squadre. Anche i prigionieri partecipavano al gioco,perchè la palla che varcava la linea di fondo spettava a loro, che avevano il diritto di tiro sugli avversari, con le conseguenze già illustrate. I prigionieri potevano essere liberati, se riuscivano a prendere al volo una palla lanciata da un proprio compagno di gioco.

Palla prigioniera

Due squadre con eguale numero di parteciapanti si dispoevano al di là di due  due linee parallele equidistanti tra di loro cinque metri circa.  Un concorrente, di uno dei due gruppi (a sorte), doveva  lanciare la palla oltre la linea avversaria, badando che non diventasse preda degli avversari, pena la perdita della propria libertà. Infatti chi veniva  catturato doveva  abbandonare la propria squadra diventando prigioniero in campo avverso. Si riacquistava la libertà solo dopo essere riusciti a riconquistare la palla lanciata da un compagno. I lanci naturalmente si alternavano  ed era proclamata vincitrice la squadra che era riuscita a catturare tutti gli avversari.

Il rubabandiera - U fażżolèttë

I concorrenti di due squadre con eguale numero di concorrenti più i1 capo gioco. si sistemavano  oltre  due linee esterne, numerati e disposti in ordine progressivo. il  capo gioco  provvisto di un fazzoletto prendeva posizione al centro dello shieramento. Il suo compito era quello di scandire il numero corrispondente ad una delle coppie concorrenti (uno per squadra). Il gioco consisteva nel riuscire a conquistare il fazzoletto  e portarlo di là della linea della propria squadra senza farsi toccare dall'avversario pena la perdita del punto.

Lo schiaffo del soldato- U šcàffë

Un  giocatore si disponeva con le spalle rivolte al gruppo degli altri giocatori e con una mano bene aperta nella loro direzione. Quando uno dei partecipanti colpiva la mano, il giocatore doveva individuare questa persona e quindi cederle il posto , o in caso negativo essere riconfermato.

Lo scarica barile- U scàrica-varrìlë

Si formavano due quadre con un uguale numero di concorrenti. I componenti di una delle due squadre si disponevano tutti con la schiena curvata e con la testa sotto l'ascella del compagno che li precedeva, tranne il primo della fila che, in posizione eretta, appoggiato a un palo, a un albero, o a un muro,  funzionava da sostegno per i compagni stessi. La squadra così disposta formava  una base di appoggio per gli avversari. Questi uno alla volta, dopo una buona rincorsa e con un balzo in avanti, dovevano cercare di sistemarsi tutti sulle spalle dei malcapitati avversari. Quando i giocatori erano ben sistemati dovevano  esistere nella posizione  per un periodo di tempo determinato,  se  qualcuno dei giocatori che si trovava sopra le spalle degli avversari  perdeva l’equilibrio e cadeva, i ruoli venivano invertiti. Naturalmente le persone piegate cercavano in tutti i modi di fare scivolare quelle che stavano loro addosso.

Gioco delle "stacce"

Nel gioco delle "stacce" si sistemava sul terreno una pietra a forma di parallelepipedo, chiamata “zùllë” sulla sommità della quale venivano poste  monete,  figurine ecc, che erano la posta del gioco.  Ogni giocatore disponeva di una "stàccë", che era un pezzo di mattone o una pietra piatta più o meno levigata per meglio afferrarla e lanciarla.. Dalla distanza  di circa dieci metri i  giocatori lanciavano a turno la propria pietra cercando di colpire la base del " zùllë" per far cadere ciò che era  sistemato sopra. Ogni concorrente poteva appropriarsi  degli oggetti che cadevano alla distanza di un palmo dalla propria pietra. Se nessuno riusciva a vincere perché nella caduta i soldi o le fifurine erano rimasti  più vicini al "zùllë" la pietra si lanciava  nuovamente a turno ripetendo il gioco.

Uno monta la luna- Ùnë së mòndë

I concorrenti con la schiena curvata si disponevano  in fila indiana, a distanza di tre o quattro metri l'uno dall'altro. L'ultimo della fila (Capo Gioco) poggiandosi con le mani sulle spalle del primo giocatore curvato cercava di scavalcarlo, quindi proseguiva superando il successivo e così via fino all'ultimo, dopo di che egli stesso si disponeva nella stessa posizione degli altri. Quindi si continuava ripartendo dall'ultimo. I balzi di ciascun giocatore erano accompagnati da alcune frasi che determinavano le azioni da eseguire durante i salti (comandi): 1- UNO si monta (salto semplice); 2 - DUE Buoi (salto semplice) - 3 - TRE la figlia del re (bisognava fermarsi   dove si atterrava, un leggero spostamento faceva  determinava una penalizzazione) - 4 - QUATTRO Batti le mani (salto semplice e in volo battere le mani )- 5 - CINQUE Pugni forti (saltando si colpisce la schiena a pugni chiusi )- 6 - SEI Piedi incrociati  (si doveva atterrare con i piedi incrociati), - 7 - SETTE Tiroletta (si doveva colpire con il tacco chi stava sotto).Se durante il salto si cascava per terra, si saltava male o non si saltava per niente,  oppure si dimenticava di pronunciare il comando si tornava  subito nella posizione a schiena curvata.

Lo  scoppietto- U šcubbëttùolë"

Lo "šcubbëttùolë", una sorta di cerbottana ad aria ompressa,  erano un giocattolo creato con un pezzo di sambuco lungo circa 15 cm.che veniva vuotato del midollo all'interno della parte legnosa. Con lo stesso sambuco veniva costruito una specie di stantuffo che veniva introdotto nella parte vuotata. I ragazzi preparavano alcune palline di stoppa e saliva, masticate per un pò di tempo, e introducevano prima l'una e poi l'altra nello  "šcubbëttùolë". Facendo una violenta pressione con lo stantuffo sulla prima pallina, quella sottostante veniva espulsa facendo un certo rumore.

Il gioco della trottola- U strummëlë

Per questo gioco si utizzava una trottola dal cui apice partiva un filo arrotolata su tutta la superficie laterale. Tirando con con abilità e violenza veniva  impressa una velocità notevole. Il giocatore doveva saper trasferire la trottola dalla terra sul palmo della mano senza farne arrestare il movimento rotatorio e, quando erano  più ragazzi a giocare,  doveva mirare, con la sua trottola, a far arrestare il movimento delle altre. Se il colpo non riusciva, tirava un altro e così via.