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In passato
la Basilicata è stata
considerata
una terra privilegiata per le ricerche etnologiche ed
antropologiche. Larghi strati sociali della popolazione
lucana viveva ancora negli anni '50 del XX secolo un regime arcaico di esistenza. La
precarietà della vita, l’incertezza delle prospettive
concernenti il futuro, la pressione esercitata sugli
individui da parte di forze naturali e sociali non
controllabili, la carenza di forme di assistenza
sociale, un’economia agricola arretrata, l’assenza di
strumenti efficaci con cui fronteggiare i momenti
critici dell’esistenza costituivano condizioni che
permettevano il mantenimento di antiche pratiche magiche. Dopo la pubblicazione del
Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi nel 1945 e il
conseguente incontro con Levi, Ernesto De Martino
(1908-1965), storico delle religioni, antropologo,
etnologo, studioso del folklore e della religione
popolare,
passò in Basilicata lunghi periodi, indagando,
osservando e riportando tutto ciò che era legato ad
aspetti magici e superstiziosi e attraverso questa
sua esperienza elaborò una delle teorie più convincenti
sul fenomeno magico nel saggio pubblicato nel 1959
“Sud e Magia".
De Martino, che condusse la sua
ricerca etnologica tra il 1952 e 1956, non fu mai
Gallicchio, ma in molti paesi vicini come
Stigliano, Viggiano, Marsico Vetere, Gorgoglione,
Roccanova, Senise, Montemurro, S. Arcangelo. |
La maggiorparte
delle pratiche magiche indagate da De Martino sono oggi
un lontano ricordo: i filtri d'amore con il sangue
catameliale che le donne preparavano per attrarre a sè
l'amato e staccarlo dalla rivale; gli spilli, le falci,
le forbici, nascosti sotto il letto degli sposi la prima notte
di nozze e nelle culle dei neonati per preservarli dal
malocchio; l'armamentario di formule e riti per
guarire malattie come il cosidetto male dell' arco,
l'itterizia, il mal di pancia, le verruche; i vermi
dell'intestino ecc...
Ma a Gallicchio, come in altri paesi della Basilicata,
sopravvive ancora l'usanza di trattare i sintomi della
cosiddetta fascinazione (affàscënë) con un
antico cerimoniale magico.
L '"affascinare" è il potere, insito in ogni
essere umano, di creare involantariamente in un
soggetto passivo, uno stato di sofferenza il cui primo
sintomo è la cefalea, il mal di testa. L' "'affascina"
non è propriamente il malocchio, sebbene in comune con esso
abbia i sintomi: mentre il malocchio è indotto da uno sguardo
invidioso, intriso di cattiveria e di malaugurio, rivolto
deliberatamente nei |
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confronti di una persona o di una cosa, l'"affascina", al
contrario, è sempre originata da uno sguardo inconsciamente
invidioso e senza cattiveria.
Destinatario dell' "affascina" può
essere un essere umano, un animale, o altro,
come una semina, un
raccolto ecc... Per evitare che
si possa causare l' "affascina", quando si esprime
ammirazione nei confronti di una persona si deve dire "Abbënëdìchë!" (forma
abbreviata "Dio ti benedica"),
di un animale si deve dire "Pòllërë!".
Se invece ci si appressa ad un'aia mentre si sta
raccogliendo il grano o ad una cantina mentre si sta
vendemmiando o in un frantoio bisogna dire: "Sàndu Martìnë!".
Il
rimediante dell' "affascina" è di solito una donna
che conosce la formula magica di scongiuro.
Quando il paziente si reca a farsi guarire la cefalea prodotta
dall'"affascina" dalla donna "abilitata", quest'ultima si accorge
subito se il soggetto è affetto o no dalla "affascina", in
quanto in caso positivo, la sola presenza della persona "affascinata" provoca alla guaritrice uno o più sbadigli.
La terapeuta fa sedere al suo fianco il paziente e, segnando con
il dito pollice sinistro numerose croci sulla fronte dell'ammalato , ripete per 2 o 3 volte la seguente formula:
Affàscënë
ca vàië pë vìië
trùovë
a Ccrìstë pë Mmarìië:
"Affàscënë
addù vàië? "
"
Ngùollë
a ............. (nome del paziente)"
"Addù ............. (nome del paziente)
nòn ngë
šì (scì).
È
sstàtë
bbattëzzàtë, è sstàtë grësëmàtë,
a la
fònd' è sstàtë
purtàtë"
Pìglië
l'affàscënë e ppòsëlë ndèrrë
cùmë
cumànnë Sàndë Salvatórë.
Ammènnë
"Chi t'
à
' ffascenàte? "
"L'ùocchiië,
u còrë e la méndë "
"Chi
t'àdda sfascënà?"
" U
pàdrë,
u fìglië e lu Spirìtë Sàndë" |
"Affascina" che vai per via
trovi
Cristo con Maria.
"Affasina
dove vai?"
"Addosso
a............."
"Addosso
a............. non ci deve andare
È stato battezzato/a, è
stato cresimato
alla fonte e stato
portato"
Prendi l' "affascina" e
posala a terra
come comanda il santo
Salvatore. Amen
"Chi ti ha fascinato?"
"L'occhio, il cuore e
la mente"
"Chi ti deve togliere
la fascinzione"
"Il padre, il figlio e
lo Spirito Santo" |
Dopo il rito la terapeuta recita alcuni Padre Nostro e Ave Maria:
se le capita di sbadigliare durante la recita il Padre Nostro,
colui il quale ha procurato la fascinatura è un uomo; se
sbadiglia all' Ave Maria l' "affascina" è stata procurata da una
donna.
Per
garantire la protezione ai bambini dall'"affascina" e il
malocchio è tuttora uso di alcune famiglie far preparare
dei sacchettini chiamati "abitini". Si tratta di sacchetti
di stoffa di
forma rettangolare che
rappresentano la simbolica continuazione del velo
organico - la cosiddetta “camicia” del neonato. Il sacchettino,
che si mette ai
bambini molto piccoli sotto il
vestitino, può contenere vari oggetti: chicchi di grano,
sale, pepe, spilli, pezzi di corda o di nastro e ecc., insieme alle
immagini della madonna o dei santi di cui si invoca la
protezione. La magia lucana è intrisa di molti elementi
religiosi, perchè religione e magia insieme
offrono
all'uomo una protezione ed un appiglio
indispensabile per poter sopravvivere. Immersi e circondati
dalla precarietà, dalla contingenza, dall'impotenza di poter
controllare i fenomeni ed il destino, e di poterne capire le
ragioni, gli uomini hanno bisogno di una forma protettiva dove
tutte le azioni hanno un loro senso e siano indirizzate verso un
buon fine.
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